Che le donne, storicamente, non riescano a fare squadra è abbastanza risaputo, e quando potrebbero effettivamente cambiare le cose per ristabilire un’iniquità sociale consolidata, si lasciano abbindolare da dietrologie maschiliste ed ipocrisie ideologiche. L’ultima debacle del gentil sesso al potere risale al 14 maggio scorso quando, alla Camera dei Deputati, la proposta di legge 1074-A “Disposizioni per la semplificazione fiscale, il sostegno delle attività economiche e delle famiglie e il contrasto dell’evasione fiscale”, ha visto respingere una proposta emendativa favorevole sì alle donne, ma oggettivamente rivolta al benessere fisiologico dell’intera famiglia, visto che non deve esistere distinzione di genere quando si parla di salute pubblica. Il riferimento è chiaramente rivolto alla diminuzione dell’Iva sugli assorbenti che, per voce dell’autorevole grillina Carla Ruocco, non si è potuta abbassare perché è risultata essere una misura troppo costosa per le casse del Paese. Peccato che per circa 21 milioni di donne, ogni mese dai 3 ai 5 giorni per almeno 4 volte al dì, l’IVA troppo costosa per il paese diventa per noi OBBLIGATORIA.
Uno stop ad un emendamento bipartisan, anche se targato Pd, che la Camera ha respinto con ben 253 voti, e solo 189 erano a favore. La dott.ssa Ruocco, brillante economa dei 5stelle, ha ben spiegato il proprio parere negativo alla misura pro-donne affermando che, per portare l’Iva dal 22% al 5%, la spesa sarebbe stata di oltre 300 milioni, perché proprio questa percentuale arriva nelle casse dello Stato come Imposta sul valore aggiunto, valutato in 65 milioni di euro circa. Per non parlare dei danni all’ambiente, come sostenuto dal collega di partito nonché portavoce alla Camera dei pentastellati, Francesco D’Uva, secondo cui abbassare l’Iva al 5% avrebbe comportato un uso indiscriminato di assorbenti femminili e causato un danno all’ecosistema-uomo di proporzioni bibliche. “Usino i pannolini lavabili“. Sono queste le parole pronunciate il 16 maggio proprio dal capogruppo pentastellato, nel corso della trasmissione Omnibus, dando pure un “suggerimento” da uomo a cosa una donna dovrebbe usare. Ricordo ancora di vivere in un paese democratico e da donna dico che le donne sono libere di scegliere cosa usare, altrimenti si chiamerebbe Monopolio. Una misura del genere avrebbe dovuto riunire tutte le donne presenti alla Camera sotto un’unica bandiera ed essere accompagnata da una campagna di sensibilizzazione nazionale e regionale coordinata da tutte le Commissioni per le pari Opportunità presenti sul territorio ed oggi, a pochi giorni da un voto europeo importante per gli equilibri nazionali futuri, abbiamo il dovere morale di rimettere le dovute responsabilità sulle spalle debite. Una riduzione dell’aliquota magari farebbe comodo alle famiglie monoreddito? L’ipocrisia svenduta dai rappresentati calabresi 5stelle ed il loro silenzio assordante sull’argomento non può indurci in errore, anzi, ci deve spingere a porre dei quesiti con estrema determinazione. Alle on.li Federica Dieni e Dalila Nesci, da sempre impegnate per i 5 stelle in terra di Calabria per debellare le ingiustizie della politica arrogante ed autoreferenzialista, mai stanche di predicare equità, giustizia ed onestà, chiediamo di conoscere il loro pensiero su questa insana decisione, sempre ché non siano state perfettamente allineate alla posizione di partito.
Chiediamo perché, visto che per ogni “problema sociale” viene interpellato il web, in questa circostanza non si sono prodigate per conoscere la posizione di milioni di italiane? Care Onorevoli deputate indicate dai calabresi a rappresentarci in Parlamento, potreste spiegarci perché l’autorevole esponente di Governo, vice ministra all’economia e finanze Laura Castelli ebbe da dire che il taglio dell’Iva non sarebbe stato possibile a causa del rischio di sanzione da parte dell’Europa, salvo poi scoprire come non esista alcun ostacolo in sede comunitaria all’abbassamento dell’Iva anzi, la cosiddetta “tampon tax” in Spagna è al 10%, in Francia al 5% e in Irlanda addirittura non esiste proprio la tassazione su questi prodotti. Ma ancora, potrebbero spiegarci come sia possibile che gli assorbenti femminili siano tassati come beni di lusso quando al confronto troviamo ostriche e tartufi come beni di prima necessità? Come è stato possibile, nel Governo del cambiamento di quota 100, del reddito di cittadinanza, dei rimborsi ai truffati, degli esodati, degli incentivi al mondo del lavoro e del sociale etc etc, non trovare le risorse per una esigenza che, ripeto, con motivazioni ambientaliste di questa “sconnessione sociale”, hanno preso le dovute distanze oppure loro stesse sono convinte utilizzatrici delle coppette mestruali e dei pannolini lavabili? Sono certa che non troveremo una sola parlamentare della Camera o del Senato che si “igienizza ecologicamente” nei rispettivi locali di fuga e, quindi, mi domando ancora: come chiederlo a tutte le mamme d’Italia, alle donne che lavorano tutti i giorni dalle 6 alle 8 di sera in negozi, supermercati, fabbriche, ospedali, a quelle che viaggiano su treni, aerei pullman, ed altro ancora. Le nostre nonne, essendo prettamente casalinghe utilizzavano pannolini lavabili di cotone, ma oggi le donne che lavorano, possono durare una riunione, una lezione scolastica, alla cassa di un supermercato, durante un’operazione chirurgica ecc, possono interrompere lasciando in attesa i propri interlocutori dicendo: “scusate, appendo i pannolini e torno subito”?
Grazie Dieni, grazie Nesci, ringraziate il Vostro movimento per tutto quello che NON state facendo per le donne reggine, calabresi ed italiane. Ai colleghi maschietti, sempre per cause ecologiche, suggerite di non radersi più tutti i giorni e di usare, quelle poche volte che lo faranno, solo i rasoi del nonno, con la famosa “lamettona” in acciaio inox e lavabile. A quel punto chissà quanti cerotti vedremo in giro.
Prof.ssa Arch. Ersilia Cedro
Docente Architettura e Design Liceo I.I.S. “Guglielmotti” di Civitavecchia e Dirigente Nazionale del Movimento Nazionale per la Sovranità