Nelle ultime ore lo showbiz internazionale è stato scosso dalla notizia di un decesso tanto tragico quanto, per certi versi, misterioso: il 42enne interprete di “Breaking Bad” e “Thor” Isaac Kappy si sarebbe tolto la vita lo scorso 13 maggio gettandosi da un cavalcavia sull’autostrada Interstate 40 in Arizona e successivamente travolto da un pick-up che proprio nell’istante del suo lancio nel vuoto stava passando proprio in quel punto. Il condizionale come consuetudine è d’obbligo, specialmente nei casi in cui a perire prematuramente è un qualsivoglia personaggio pubblico, più o meno famoso, che osa “sfidare” il sistema tirando in ballo quelli che sembrerebbero essere più che semplici deliri complottistici.
Kappy, infatti, più che per le sue “comparsate” in serie TV e pellicole di successo, era noto in patria per aver puntato il dito contro alcuni “golden boys” di Hollywood, come Seth Green e Tom Hanks, tacciandoli di un reato che, se comprovato, getterebbe pesanti ombre sugli Studios più famosi al mondo, così come capitato nel caso Weinstein: pedofilia.
Dichiarazioni choc che l’uomo – sul quale pendeva un’accusa di tentativo di strangolamento ai danni di Paris Jackson, figlia del “re del pop” Michael – non ha mai potuto comprovare del tutto e che proprio per questo gli valsero l’appellativo di “ciarlatano” da parte di una fetta considerevole dei media americani. Il presunto suicidio di Kappy è stato preceduto dalla pubblicazione di un video sconvolgente e di un lungo post su Instagram, entrambi prove (almeno per alcuni) dello squilibrio mentale dell’attore, che sarebbe entrato in una spirale di autodistruzione causata dalla convinzione della presenza di complotti ai danni, tra gli altri, del Presidente USA Trump. Sconcertanti rivelazioni trapelano da questi “documenti telematici”: Isaac Kappy parla di sè stesso in termini non proprio lusinghieri, paragonandosi a Giuda Iscariota e sentenziando profeticamente: “Attenti all’uomo che non ha nulla da perdere, perché non ha nulla da proteggere“.
Era convinto che non avrebbe vissuto a lungo il 42enne attore dai capelli ricci, almeno stando alle tremende parole pronunciate nel suo ultimo video, pubblicato qualche giorno prima dell’assurda morte. “Probabilmente sarà la mia ultima trasmissione – premette Kappy – Ho superato il limite che non avrei dovuto attraversare“. Nel lungo filmato Kappy tira in ballo l’MK Ultra e gli Illuminati. L’interprete, inoltre, ribadisce a chiare lettere che non è un suicida e sottolinea come sia stato sciocco a farsi ingannare.
La verità in questi casi non è sempre semplice da scorgere. Un dettaglio, però, lascia dubbiosi: come mai l’ultimo post Instagram e l’ultimo video dell’uomo sono stati resi visibili in rete, mentre i suoi account Twitter e Facebook erano stati addirittura bannati? Recentemente, la web-censura ha suscitato perplessità negli internauti e non solo in questo ultimo, controverso caso. E’ notizia piuttosto recente la chiusura, da parte di Facebook, di 23 pagine di “colore” politico tendente al giallo-verde, accusate di diffondere notizie false. La segnalazione sarebbe partita da Avaaz, una Ong con sede nella Grande Mela che si occupa di campagne sociali dietro alla quale ci sarebbe, tra gli altri, anche George Soros, figura enigmatica e vicina ai Democratici statunitensi.
La web-censura
La censura telematica non è di per sé qualcosa da temere, se applicata correttamente. La diffusione di fake news sui principali social network è sicuramente una piaga da debellare; non ci sono, tuttavia, battaglie ben più intestine da intraprendere e vincere? Mentre pagine come “Lega Salvini Premier Santa Teresa di Riva” e “Vogliamo il Movimento 5 Stelle al governo” venivano messe in panchina dal team “inquisitorio” di Zuckerberg (su solerte segnalazione di Soros e compagni), su Instagram continuavano a spopolare sondaggi allucinanti e post ai limiti dell’osceno aventi minorenni come protagonisti. Ha spezzato il cuore della Nazione Malese e del mondo intero la morte di una 16enne che ha messo letteralmente la sua vita in mano agli sconosciuti del web, che tramite apposito sondaggio ha votato quasi compatta per il suicidio della giovane. Questa tragedia si consumava su Instagram, mentre Facebook metteva all’indice i “fan club” di Salvini e Di Maio. Ancor più ribrezzo suscitano alcuni sedicenti account officiali di minorenni gestiti da genitori che definire irresponsabili è dir poco. Una delle pagine Instagram più rappresentative in tal senso è quella di una bimba belga di appena nove anni, di nome Pepper, professione modella. Come se già il fatto che una fanciulla così piccola lavori nell’universo fashion non fosse scioccante da solo, basta scorrere velocemente il suo profilo (Pepper.Pics) per restare basiti di fronte a certi scatti che con la moda forse ben poco hanno a che fare. La bimba “ammicca” alla macchina fotografica in abiti spesso succinti ed in pose discutibili persino se messe in atto da un’adulta. Lo scopo di tale delirio potrebbe essere tanto semplice quanto scabroso: vendere un brand attraverso una malcelata “ipersessualizzazione” di una creatura di nove anni, fregandosene della presenza imperterrita di “orchi” sul web.
Dove sono i censori della rete quando si ha davvero bisogno del loro intervento?