E’ uno dei titoli più attesi del prossimo autunno. E’ fissata al 24 novembre 2021 la release di “House of Gucci“, il lungometraggio diretto da Ridley Scott, ancora in fase di riprese in buona parte del nostro BelPaese, dalla Valle D’Aosta ad alcune località lombarde sino alla Capitale. L’opera del cineasta de “Il Gladiatore” ripercorre le tappe salienti che hanno condotto al delitto del magnate dell’omonima casa di moda Maurizio Gucci per mano della ex-moglie Patrizia Reggiani, che ingaggiò ben quattro persone per uccidere l’ex-consorte: crimine per il quale è stata condannata e di cui non si è mai pentita.
Le accuse dei Gucci
Il film, che trae ispirazione dal libro “The House of Gucci: A Sensational Story of Murder, Madness, Glamour, and Greed” di Sara Gay Forden, ha suscitato feroci polemiche ancor prima della sua uscita nelle sale.
La prima a scagliarsi contro il lavoro di Scott è stata proprio l’imputata numero uno al processo, Patrizia Reggiani (nella pellicola impersonata dalla rivelazione di “A star is born”, Lady Gaga), che teme che “House of Gucci” possa destabilizzare emotivamente le due figlie avute da Maurizio Gucci, Alessandra e Allegra. “Basta fango“, ha tuonato la mandante del delitto in numerose interviste televisive, sottolineando come l’opera letteraria della Forden sia da sempre osteggiata dall’intera “dinastia” perché, a detta dei Gucci, condita di falsità. Gli Americani, da sempre innamorati della moda tricolore, sono del resto incuriositi da tempo immemore dalle mille sfaccettature dei nostri grandi stilisti: il delitto Gianni Versace – con conseguente uscita della miniserie TV, non accolta con entusiasmo da tutti – insegna. Il caso Gucci, però, è da considerarsi terreno minato per Scott e tutto il cast di “House of Gucci” e non solo per la rappresentazione del delitto in sé.
La rabbia di Patricia
Esiste un’altra componente della dinastia Gucci ad essere molto adirata con Ridley Scott: si chiama Patricia ed è la figlia di Aldo Gucci (zio del compianto Maurizio), morto nel 1990, interpretato nel film dal grande Al Pacino.
“La sceneggiatura è basata sul libro di un’autrice che non ha mai incontrato mio padre Aldo Gucci: nel film lui viene mostrato come minuscolo delinquente grasso, quando in realtà era alto, magro e con gli occhi azzurri ed era la personificazione dell’eleganza, applaudito da reali, capi di Stato e celebrità di Hollywood“, tuona tramite un post social la donna, nata da una relazione extraconiugale di Aldo Gucci. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, però, è stata proprio la scelta dell’attore per prestare volto e fattezze all’amato padre, quell’Al Pacino il cui talento è indiscutibile, ma che tuttavia rappresenta uno stereotipo negativo dell’Italiano medio, come spiegato senza filtri da Patricia.
“L’attore – spiega la donna – è celebre per i ruoli da gangster nel “Padrino” e da pusher in “Scarface”, che hanno segnato negativamente generazioni di italiani e latini“. Un’accusa ben circostanziata, che si unisce alle critiche ricevute da Scott circa 20 anni prima, quando realizzò il kolossal “Il Gladiatore“: un capolavoro che, però, presentava qualche pecca. In questo caso, le accuse riguardavano la mancanza di aderenza storica al periodo di ambientazione del lungometraggio, che avrebbe dovuto basarsi su fatti realmente accaduti durante il II secolo d.C. nell’Impero Romano.