Mentre gli stadi di tutt’Italia sono avvolti dal silenzio, in ossequio alle recenti restrizioni per il Covid-19, è facile andare indietro nel tempo, in una sorta di “ritorno al passato” che offre ai lettori di “A Punta di Penna” un’altra cartolina in bianco e nero di un calcio d’altri tempi, quello degli anni 60 e 70 per intenderci, che annoverava squadre blasonate e giocatori promettenti per tecnica, oltre che valori umani in campo e nella vita.
Tra queste vi è la Reggina, quella della prima serie B di Granillo, Maestrelli, Segato, Dolfin, composta da tanti giovani, molti dei quali hanno calcato il palcoscenico della serie A di quel periodo. Dotato di tecnica e non comune fiuto del gol fu Luigino Vallongo, centravanti della squadra amaranto dell’epoca, è stato ed è tutt’ora una delle bandiere della centenaria storia della Reggina. Allora, un’autentico “lusso” per la categoria. Longilineo, dal fisico asciutto, sguardo intenso e da buon sardo di poche parole, rispondeva sul campo a suon di gol e prestazioni. Provvisto di grande acume tattico, dava profondità a tutta la squadra. Opportunista come pochi, in area di rigore difficilmente perdonava le difese avversarie.
Dal cuore d’oro, la punta di Terralba (Oristano) ha vestito anche le casacche dell’Atalanta e del Como, approdando in serie A con il Palermo. La sua brillante carriera fu condizionata dall’ incidente al ginocchio subito a Genova nel 1974. Chiuse con il calcio giocato a 33 anni con il Vigevano. Per lui 8 presenze in A e due gol, 171 in B con 52 reti. Come tecnico tanta serie C e, da vice, le panchine del Novara, Lecce, Salernitana, Cagliari, Ancona, Catania, Palermo ecc, oltre ad aver collaborato con Sonetti, compagno di tante battaglie con la maglia della Reggina. Oggi a distanza di tanti anni il “bomber” amaranto si racconta e racconta con tanta nostalgia i suoi trascorsi calcistici in riva allo Stretto, rievocando un’ epoca fatta di calcio genuino.
Gli esordi e la carriera
Giunse alla corte di Maestrelli, prelevato dallo Spezia insieme al compagno Nedo Sonetti. Il suo esordio in amaranto, un lontano Reggina-Livorno. Era l’anno 1967. In campo sembrava giocasse quasi da mezz’ala. Sornione, puntava l’avversario con una progressione poderosa. Dalla sua, aveva una resistenza organica notevole. A supportarlo, i trascorsi con l’atletica. Nel suo repertorio, colpi di testa millimetrici verso la rete avversaria, rovesciate e rigori che rammenta “tiravo piazzati, da buon mancino alla destra del portiere.”
Nel ritornare indietro nel tempo, ricorda il presidente Oreste Granillo. “Non posso che parlarne bene” dice “Una persona corretta, precisa, chiara, di grande personalità, che ha rappresentato in modo eccellente la società. Con lui ci si poteva tranquillamente confrontare e dialogare. Preciso nel suo essere, sempre con il sorriso sulla bocca, seguiva molto la squadra facendo sentire il suo affetto. Sempre disponibile, con cui si stava bene.” Nel narrare un calcio d’altri tempi, prosegue, ricorda Maestrelli. Così lo descrive: “E stato un grande allenatore. Ha fatto una grande carriera, persona precisa, ci ha sempre spronato ed aiutati”. Con Segato, evidenzia ”ho legato di più. Allora ero un po’ timido, ci spronava ad aprirci, era vicino ai giocatori. Mi è stato più facile avere un dialogo.” Diverso il giudizio su Galbiati. “Era quasi giocatore-allenatore. Una brava persona, forse per quei tempi, troppo amichevole con i giocatori. C’era un collettivo molto giovane, perchè il ds Dolfin aveva creato un gruppo veramente notevole” rammenta “fatto di elementi provenienti dalla serie C, che alla fine hanno fatto il salto nella massima serie.” Un particolare ricordo lo dedica a Totò Bumbaca: “Con lui e la sua famiglia ho instaurato una bella amicizia. Mi circondarono di tanto affetto. Mi è rimasta impressa la sua passione. Un’ uomo del Sud con altri principi. E’ stato per me un’onore averlo conosciuto. Ne vado orgoglioso.” Fa parte della sua memoria calcistica il forte legame con Sonetti. “Eravamo due fratelli. Mi ha aiutato tantissimo: allora ero troppo giovane timido e parco di parole. In campo, come tutti i toscani era battagliero.” Non mancano i suoi di elogi anche per Vito Florio. “Era un giocatore estroso e talentuoso. Dal cuore grandissimo, è stato un’esempio per noi giovani”. Ed ancora: “i suoi preziosi consigli incentivarono la maturità del collettivo” che annoverava Divina, Pirola e segnatamente l’amico e compagno del reparto avanzato, Giovanni Toschi. Questo il suo pensiero. “E’ sempre stato un ragazzo molto perbene, semplice, genuino, mi ha dimostrato affetto, amicizia e vero rispetto. Persone come lui lasciano sempre una traccia. E’ sempre rimasto nel mio cuore.”
Tra le tante partite disputate, rievoca un Reggina-Bologna di Coppa Italia (67/68) al Comunale. Anche in quell’occasione lasciò il segno siglando la rete dell’1-2. Particolare il commento di quel match: “Fu una gara tiratissima, molto sentita in campo e sugli gli spalti. Finì 2-3. Rivedo ancora il palo colpito dal povero Tacelli nei primi minuti di gioco” che forse avrebbe potuto far incanalare il match su altri binari. ”Il Bologna di quegli anni era una grande squadra” dice il centravanti amaranto “aveva grandi giocatori come Haller, Pascutti, Fogli, Perani ecc. Il mondo del calcio di allora era un’altra cosa. Ne ero innamorato.” “Allora si marcava ad uomo, oggi con il gioco di movimento a tutto campo avrei tratto vantaggi.” Adesso, confessa, “non vado più allo stadio, vedo poche partite perchè mi ricordano un mondo che per me era bellissimo.” Con i compagni “abbiamo passato momenti belli in ritiro. A pensarci mi viene la malinconia.” Non è mancato il suo pensiero sulla Reggina di oggi. La squadra, osserva, “sta facendo un bel campionato. E’ un’anno particolare e sarei felicissimo se potesse accedere alla categoria superiore. Sarebbe un premio meritato per la società, per i ragazzi, per la città e i tifosi, che sono sempre stati veramente eccezionali.” Di loro “ho dei ricordi indelebili. Devo riconoscere che hanno sempre avuto un carattere forte ed una passione che solo la gente del Sud ha. Ho passato tre anni belli a Reggio Calabria. C’era un tifo incredibile.” Di Reggio “ricordo la natura, il mare ed il buon carattere dei reggini, sempre pronti e prodighi nell’ accettare le persone.” Il “guerriero” di tante belle battaglie in amaranto oggi ha smesso di allenare e conclude così la sua lunga nostalgica chiacchierata: “E’ giusto e corretto lasciare spazio ai giovani. Hanno un’altra mentalità e un’altra cultura del calcio.”