Undicesimo e ultimo giorno della manifestazione cinematografica del Rome Film Fest 2024: oggi avranno luogo le premiazioni e la star Johnny Depp riceverà il Premio alla Carriera; ma l’attore presenterà anche la sua ultima fatica dietro la macchina da presa, Modì: tre giorni sulle ali della follia, uno dei due film che abbiamo scelto, giunti anche noi al termine di questa lunga e un po’ faticosa kermesse. L’altra pellicola è l’americano Conclave.

“Modì”, il pittore Amedeo senza un briciolo di romaticismo

Seconda regia di Johnny Depp (quella d’esordio è Il coraggioso, 1997, senza contare i tre cortometraggi diretti tra il 1988 e il 1994), selezionata per la categoria “Grand Public” e tratta dalla commedia Modigliani di Dennis McIntyre, è un progetto lungamente coltivato, sospeso e poi ripreso; Depp, con l’aiuto tra gli altri di Al Pacino, che produce ed interpreta il ruolo chiave del collezionista d’arte Gangnat, allestisce un sontuoso film d’epoca che celebra e sottilmente critica il pittore livornese Amedeo Modigliani.
Trama: 1916; in piena Grande Guerra, Modigliani è in preda ai deliri alcolici e ai tormenti artistico-esistenziali. I suoi quadri non vendono, vorrebbe smettere di dipingere e scolpire, passa le sue ore ad ubriacarsi con gli amici e colleghi Soutine e Utrillo e il suo rapporto con la scrittrice e giornalista inglese Beatrice Hastings procede tra alti e bassi. Dopo l’incontro con un mercante di quadri, sente arrivato il cambiamento.
Girato con eleganza e con opzioni registiche a volte spiritose e riuscite (le disavventure di Modì narrate come film muti con tanto di didascalie) altre volte di grana grossa (le allucinazioni del pittore, a metà strada tra Tim Burton e gli horror zombeschi), il film ha l’abilità di evitare di ritrarre Modigliani e i suoi amici seguendo le trite nozioni romantiche dell’artista maledetto, caratterizzandoli molto spesso come idioti di talento (con Soutine affetto pure da disturbi mentali) e sottolineando anzi come lo stesso talento non dipenda assolutamente da una vita virtuosa, ma sia semplicemente un dono di natura (o divino). Malgrado l’ovvietà di alcuni presupposti, Depp non fa mai il serioso usando di frequente l’autoironia e spogliando Modigliani di ogni fascino. Non concede neppure moltissimo all’elaborazione ed al metodo creativo dell’artista, ma (cosa inedita) ne prende addirittura in giro l’idea nichilista di poter campare ingenuamente solo attraverso la pittura e la sua funzione trascendentale, in un’epoca che già imponeva l’arte intesa più come commercio che arricchimento dell’anima (incisivo il discorso che gli fa Gagnant sulle modalità di valutazione dei quadri e delle vendite).
La pellicola non è una biografia, ma solamente il racconto di tre giorni nella vita di Modigliani (come intuibile dal titolo), che si conclude quasi bruscamente. Infine, Depp forse ragiona un po’ troppo da americano rappresentando Modì e i colleghi quasi come delle rockstar (non a caso, il film è dedicato al rocker Jeff Beck, grande amico dell’attore, deceduto l’anno scorso) o come degli artisti di Soho o del Greenwich Village, dimenticando che erano artisti europei con forme mentis da Vecchio Continente, ed in qualche momento non rispetta la realtà storica (Modigliani non fu mai ricercato dalla polizia e la sua relazione con la Hastings era molto più turbolenta di quanto mostri il film), ma dopotutto parliamo di un cineasta proveniente da Hollywood, la patria per antonomasia delle “licenze” filmiche. Promossi gli attori, in particolare il nostro Riccardo Scamarcio (recitante in italiano, inglese e francese), che personalmente difendo come interprete dai tempi di Tre metri sopra il cielo, capacissimo di stare a suo agio in una scena a due con un gigante come Pacino. Il film uscirà al cinema il prossimo 21 novembre.

“Conclave”, dramma da camera e di attori

E’ la trasposizione filmica dell’omonimo bestseller di Robert Harris (2016), diretta da Edward Berger e presentata anch’essa nella sezione “Grand Public“. Non abbiamo letto il romanzo, ma il film sembra molto debitore dei giochi di potere alla House of Cards. Trama: Vaticano; il Pontefice in carica muore improvvisamente e il cardinale decano Thomas Lawrence organizza e presiede il conclave per eleggerne il successore. Tutti i cardinali più potenti e papabili affluiscono a Roma per partecipare; pian piano, Lawrence si troverà non solo a coordinare gli scrutini, ma anche a destreggiarsi tra tensioni montanti, lotte intestine tra liberali e conservatori, intrighi, calunnie ed altarini, ma il nuovo Papa salirà infine al soglio pontificio.
Trasudante regia di polso, il film è di fatto un thriller senza cadaveri costantemente teso sebbene sia a tutti gli effetti un kammerspiel (dramma in pochi ambienti) che guarda anche ad Elio Petri; realizzato tra Cinecittà e la Reggia di Caserta e magnificamente fotografato da Stephane Fontaine (visivamente bellissimi i contrasti tra i colori accesi e le penombre dei corridoi del potere ecclesiastico), nelle intenzioni è un melodramma che prova a soddisfare le curiosità della gente (soprattutto statunitense, appassionata di complottismo) sulle riunioni di elezione dei papi, ma ne mette in evidenza tutti gli ingredienti politici di contrasto che, simbolicamente lasciati fuori dalla porta, inevitabilmente rientrano sempre dalla finestra per insinuarsi ed avvelenare i rapporti tra le diverse fazioni dei cardinali. Quasi soffocante nella sua claustrofobia crudele, è però anche un grande film d’attori, tutti perfettamente in parte e diretti con perizia: Ralph Fiennes è il dubbioso decano Lawrence, Stanley Tucci il liberale cardinale Bellini, John Lithgow l’intrigante Tremblay con qualche scheletro nell’armadio, Isabella Rossellini la determinata suor Agnese, Sergio Castellitto il nevrotico conservatore cardinale Tedesco.
Il finale ha il sapore di una beffa, ma è amaro nella constatazione che la Chiesa Cattolica, per sopravvivere, debba assolutamente adeguarsi a tutti i cambiamenti sociali, anche quelli che le sono più ostici. L’uscita nelle sale è prevista per il 19 dicembre.

TUTTI I NOMI DEI PREMIATI

La giuria: Pablo Trapero, regista
Francesca Calvelli, montatrice
Laetitia Casta, attrice
Gail Egan, scrittrice
Dennis Lehane, sceneggiatore 

I riconoscimenti ai film del Concorso Progressive Cinema:

Miglior Film:
BOUND IN HEAVEN di Huo Xin

Gran Premio della Giuria:
LA NUIT SE TRAÎNE
 di Michiel Blanchart

Miglior regia:
MORRISA MALTZ per Jazzy

Miglior sceneggiatura:
CHRISTOPHER ANDREWS per Bring Them Down

Miglior attrice – Premio “Monica Vitti”:
ÁNGELA MOLINA per Polvo serán

Miglior attore – Premio “Vittorio Gassman”:
ELIO GERMANO per Berlinguer. La grande ambizione

Premio speciale della Giuria:
al cast femminile di READING LOLITA IN TEHRAN
(LEGGERE LOLITA A TEHERAN)

MIGLIORE OPERA PRIMA

Giuria: Francesca Comencini, regista
Kaili Peng, produttrice e scrittrice
Antoine Reinartz, attore

Miglior Opera Prima fra i titoli delle sezioni Concorso “Progressive Cinema”, “Freestyle” e “Grand Public”

BOUND IN HEAVEN di Huo Xin (sezione Progressive Cinema) – ex aequo

CIAO BAMBINO di Edgardo Pistone (sezione Freestyle) – ex aequo

È stata inoltre assegnata una Menzione speciale all’attore Liu Hsiu-Fu per Pierce di Nelicia Low.

PREMIO DEL PUBBLICO FS

Fra i titoli del Concorso Progressive Cinema, gli spettatori hanno assegnato il Premio del Pubblico FS, Official Sponsor della Festa, al film:

READING LOLITA IN TEHRAN (LEGGERE LOLITA A TEHERAN) di Eran Riklis