Altre due opere prime. Ho già scritto pochi giorni fa cosa penso di certe piccinerie degli esordi alla regia, ma adesso sento il bisogno di aggiungere qualcos’altro: a volte, sì, un/a regista agli inizi può peccare, e anche tanto, di presunzione, ma il più delle volte è colto/a semplicemente da ansia da prestazione dovuta al convincimento di dover dire tutto per paura di non venire ben compresi. E’ un po’ anche il caso (ma neanche tanto) dei due film visionati oggi, che concorrono entrambi alla Migliore Opera Prima della Festa del Cinema di Roma: La casa degli sguardi di e con Luca Zingaretti (quindi non certo un novellino) e Nottefonda di Giuseppe Miale Di Mauro.

“La casa degli sguardi”, superare i limiti aprendosi agli altri

L’attore Zingaretti approda alla regia con un acuto dramma sul dolore alienante e l’empatia salvifica, selezionato alla categoria “Grand Public” e tratto dall’omonimo romanzo di Daniele Mencarelli. Trama: Roma; il ventenne Marco, con una certa notorietà come poeta, dopo la morte della madre e le incomprensioni con il padre tramviere vede la sua vita andare a rotoli tra alcol e droga: dopo aver rischiato di morire in un incidente da lui stesso provocato, viene messo in prova presso una cooperativa di pulizie operante al Bambin Gesù. I ripetuti confronti/scontri con i colleghi e i bimbi ricoverati, nonché una dose interiore di altruismo che maschera con la strafottenza, forse riusciranno a fargli aprire gli occhi e ad affrontare il mondo più positivamente.
Probabilmente il film non dice nulla di nuovo sulla disintossicazione, la sensibilità soffocata in un mondo indifferente, l’aprirsi al prossimo come primo passo per la salvezza, ma lo fa molto bene con belle trovate visive e di sceneggiatura che emozionano sinceramente. Merito degli attori, a partire dallo stesso Zingaretti nel ruolo del padre del protagonista, mentre il giovane Gianmarco Franchini (Marco) è eccellente nei panni di un ragazzo che sembra assorbire su di sé tutto il dolore del mondo, ma anche Federico Tocci (il superiore di Marco e quasi suo padre putativo) fa la sua bella figura.
Zingaretti dirige spedito e sicuro, e anche se a volte calca la mano e la commozione pare un po’ forzata, ha il pregio di fermarsi sempre un attimo prima che il tutto sfoci nella melensaggine. E il finale aperto lancia un forte segnale di speranza: la depressione può sparire solo se accettiamo i nostri limiti lasciando che le persone care possano darci una mano. Morale strasentita, è vero, ma sicuramente necessaria in tempi così apatici come i nostri.

“Nottefonda”, il lutto e la rabbia

La seconda pregevole opera prima è Nottefonda dello scrittore e drammaturgo Giuseppe Miale Di Mauro, ispirato al romanzo “La strada degli americani” dello stesso regista, in concorso nella sezione “Freestyle“.
Trama: Ciro, vedovo, è un uomo allo sbando tra sostanze stupefacenti, lavoretti e faccende al soldo di qualche malavitoso. Vive principalmente di notte e ha ormai solo due obiettivi nella vita: prendersi cura del figlio tredicenne Luigi e scovare il pirata della strada che ha investito e ucciso sua moglie.
Ambientata in una Napoli grigia, periferica ed oscura (ma è dai tempi di Gomorra che abbiamo fatto l’abitudine), la pellicola non è una storia sulla vendetta (anzi, i propositi del protagonista vengono accantonati quasi subito) ma una toccante parabola (i riferimenti evangelici sono diversi) sulla rabbia, l’elaborazione del lutto e la forza (difficile) per andare avanti. Il protagonista (Francesco Di Leva, che collabora anche alla sceneggiatura, bravissimo) è un Sisifo che s’illude di poter arrancare fumando crack e sognando il suicidio più che la vendetta, ma il dolore si ripresenta sempre puntualmente dietro l’angolo e a quel punto si vedrà costretto a compiere una mossa azzardata che forse lo aiuterà a sbloccare la sua anima. E la sorpresa finale, a dispetto di qualche indizio sparso qua e là, giunge veramente inaspettata ad illuminare (in senso letterale, vista la fotografia perennemente in notturna) tutta la storia e bisogna essere proprio insensibili per non commuoversi. Qualche svarione un po’ deprimente (la musica), ma il film per noi è promosso. Superlativi gli attori, in parte provenienti dal NEST, il teatro di San Giovanni a Teduccio per ragazzi provenienti da contesti difficili, di cui Di Mauro è uno dei fondatori.