Quinto giorno nella kermesse della Festa del Cinema di Roma 2024: essendo domenica, abbiamo scelto per voi qualcosa di più leggero da recensire, ma non per questo meno importante delle altre opere in gara, dato che, senza che ce ne fossimo mai resi conto, il soggetto in questione ci accompagna da diversi decenni fungendoci a volte da specchio riflettente l’accavallarsi dei tanti aspetti sociali, della nostra storia e dei cambiamenti in atto in essa. Stiamo parlando dell’Istituto Luce, che quest’anno compie 100 anni.

“100 di questi anni”, la celebrazione ironica e disincantata di un secolo di audiovisivo

Lo diciamo subito: stavolta non avremo di che ragionare su chissà quale profondità o impronta stilistica; ci occuperemo semplicemente di 100 di questi anni, prodotto dall’Istituto e selezionato nella categoria “Special Screenings“, composto da sette cortometraggi (e commemorando così un’altra specialità del nostro cinema nazional popolare: la commedia a episodi), un omaggio scanzonato e divertito ad una miniera d’oro per i fautori di cinema, costume, musica ed anche cucina, un immenso archivio che ha saputo raccontare e descrivere di volta in volta con filmati e, soprattutto, parole adeguate ai vari contesti socio-temporali, le nostre epoche, le nostre rivoluzioni, il nostro modo di percepire cose e persone (con risultati sorprendenti, come adesso vedremo). Sette simpatiche barzellette, raccontate però con brio e scioltezza, senza annoiare mai e strappando spesso una sonora risata. Il film sarà distribuito da Luce Cinecittà l’anno prossimo.

I corti

100 Note, di e con Rocco Papaleo: nello studio di casa sua, Papaleo si destreggia con la chitarra e racconta direttamente al pubblico il suo rapporto con la musica, la canzone e lo spettacolo mentre sullo schermo scorrono diversi filmati d’archivio concernenti concorsi musicali per bambini tra anni 50 e 60 (divertenti i piccoli che scimmiottano Elvis e Corrado che si dispera sulle esibizioni di improbabili dilettanti canori) per passare rapidamente a sequenze di repertorio dei migliori cantanti italiani, da Celentano ad Ornella Vanoni, passando per Modugno, Mina e una fuggevole inquadratura di un giovanissimo Gino Paoli. Per chi apprezza la musica ed ha una buona memoria audiovisiva.
100 per 100 criminale, di Sydney Sibilia con Valerio Aprea: rinchiuso in carcere, un delinquente squattrinato ci racconta la sua carriera da falsario di mezza tacca su diverse sequenze d’archivio descriventi a grandi linee il mondo della piccolissima malavita romana con il suo sottobosco di trafficoni, venditori di reperti archeologici e ladri (nonché di inquietanti incensurati che non si creano problemi ad acquistare bollini per auto falsi). Buona la fotografia in bianco e nero, che a volte rende difficile distinguere tra filmati di repertorio e riprese ad hoc; piccolo nostalgico ricordo di una certa fauna urbana ormai morta e sepolta.
La scuola delle mogli, di Claudia Gerini, con Claudia Gerini e Paola Minaccioni: la Gerini intervista la signora Adalgisa (in realtà, l’attrice Minaccioni) sulla cosiddetta “Scuola delle Mogli” di Torino, un istituto di economia domestica che, fino ai primi anni Sessanta, insegnava alle allieve come cucinare e soprattutto come prender marito e comportarsi da brave casalinghe; intanto, si avvicendano i servizi dell’Istituto Luce sulla scuola in questione, con irritanti voci fuori campo (oggi sarebbero impensabili) che di fatto prendono in giro le candidate con battute davvero sessiste e maleducate. Il tono generale è comunque umoristico e si ride di gusto soprattutto per la verve e la parlantina della Minaccioni.
Bellezza, di Michela Andreozzi, con Claudia Zanella: una donna, ossessionata dalla bellezza, si sottopone a dolorosissimi trattamenti di estetica, accompagnata dalle descrizioni d’epoca del “club delle maggiorate fisiche” (con le ragazze che si sottopongono alla misurazione delle loro curve, un “controllo” in uso anche a Miss Italia prima che venisse eliminato perché umiliante) e assistiamo, attraverso alcuni filmati in Technicolor, alla progressiva mutazione del concetto di bellezza tra le varie epoche e, principalmente, negli ultimi 60 anni. Ma veramente fino a pochi decenni fa si producevano documentari palesemente misogini?
100 anni di matrimonio, di Francesca Mazzoleni, con Carlo De Ruggeri e Maria Chiara Giannetta: uno psicologo, con l’ausilio dell’ipnosi, aiuta un giovane promesso sposo a superare le paure e le ansie sul matrimonio, mentre assistiamo a immagini che ci ricordano come la morale cattolica e il matrimonio abbiano condizionato pesantemente negli anni la psiche degli italiani. Divertente e con un piccolo colpo di scena finale.
100 cucine, di Edoardo Leo, con Paolo Calabresi: uno chef d’alta cucina (Calabresi, il Biascica di Boris) tramite riprese di ristoranti, pizzerie, trattorie e sagre, illustra ad un giovane apprendista le abitudini alimentari degli italiani ed il motivo per cui il cibo made in Italy è considerato il migliore del mondo. Protagonisti simpaticissimi.
100 Cinecittà, di Max Bruno, con Federico Maria Galante: un giovane, appartenente ad una famiglia di solide radici cinematografiche nel campo delle comparse, ripercorre la storia di Cinecittà, l’evoluzione del cinema italiano e le lotte e proteste nel corso degli anni a favore di più fondi per la Settima Arte. Interessante lezioncina con una strepitosa chiusa su un monologo di Alberto Sordi.