Chi scrive fece parte una volta del pubblico del Maurizio Costanzo Show (nel giugno 2003, vent’anni precisi precisi) e di quell’esperienza conserva ancora diversi ricordi: la scoperta che il teatro Parioli non fosse poi così grande come si vedeva in tv; i ripetuti tentativi del sottoscritto di evitare lo sguardo delle telecamere, causa timidezza (attenuatasi molto da allora!); la mitica sigla che, invece di ronzarmi nelle orecchie dalla tv della mia camera, ascoltavo dal vivo ma, soprattutto, la professionalità e l’impeccabile gestione del format da parte di Lui: Maurizio Costanzo, spentosi oggi all’età di 84 anni.
E cosa si può dire di Costanzo che non sia già stato detto in queste ore? Basta dire: giornalista, speaker radiofonico, paroliere di svariate canzoni memorabili (una su tutte, Se telefonando di Mina), scrittore, sceneggiatore (ha scritto, tra gli altri, gli agghiaccianti La casa dalle finestre che ridono e Zeder, entrambi diretti da Pupi Avati, e Una giornata particolare di Ettore Scola), regista (un solo film diretto, Melodrammore, 1978, in cui fa la sua ultima comparsa il grande Amedeo Nazzari), docente universitario e, naturalmente, conduttore. Beh, proprio una carriera coi baffi, per citare il suo celeberrimo spot delle camicie.
Il grande pubblico lo ricorderà ovviamente soprattutto per i programmi in radio e come presentatore tv. E che presentatore: pochi se ne saranno accorti, ma la grande originalità di Costanzo fu proprio quella di re-inventare un format tipicamente americano e anglofono (e, negli anni ’70, ancora inedito in Italia), il talk show, prendendolo ed utilizzandolo nella sua stessa forma, ma in un modo del tutto diverso: lo studio che sembra più un salotto o un soggiorno di una qualsiasi casa italiana (che faceva scattare un’identificazione immediata nello spettatore), il conduttore non più seduto in una posizione a parte o addirittura superiore agli ospiti del programma, ma immerso tra gli intervistati come se si trovasse a casa propria e non a presentare uno show. Come accennato prima, lo spettatore aveva così l’impressione di assistere più ad una chiacchierata tra amici che all’intervista di un presentatore (un po’ primadonna) che parla con i suoi ospiti mettendoci i paletti, il tutto condito da una colloquialità ed una confidenza che rendevano ancora più intensa l’immedesimazione. E gli ospiti non sono solo vip, come negli States, ma anche persone comuni che hanno qualcosa da dire e non dimentichiamo che i talk show di Costanzo sono serviti pure come trampolino di lancio a molti personaggi destinati poi al successo, da Luciano De Crescenzo a Vittorio Sgarbi passando per Valerio Mastrandrea e Fiorello per arrivare a Enzo Iacchetti e Daniele Luttazzi. Questo fu il segreto del suo successo e del suo primato nella televisione italiana con Bontà loro, Acquario, Grand’Italia ed il pluridecennale Maurizio Costanzo Show, dotato di QUEL palco, QUELLE luci, QUEGLI ospiti e QUELL’iconica sigla che, ricordo, sentivo canticchiare spesso anche a scuola (QUELLE note iniziali – tiritirititititiri – che ti si appiccavano subito ai timpani)… tanti ricordi che, ne siamo certi, ci accompagneranno per tutta la vita.
Ma non era solo il giornalista di costume e società che ci piace rammentare, così iconico nell’aspetto spesso parodizzato dai comici tv (e, negli ultimi anni, sui social con ripetuti meme): Costanzo fu anche un giornalista consacrato all’impegno civile, che gli costò non pochi problemi, (oltre alle controversie per la sua iscrizione alla loggia P2), come lo spaventoso attentato mafioso del 14 maggio 1993 in via Fauro, nei pressi del Parioli, che solo per un caso fortuito non uccise lui, l’allora compagna (poi moglie) Maria De Filippi e due agenti di scorta. Da un anno, infatti, Costanzo si stava occupando di Cosa Nostra dal palco dello show, arrivando addirittura a dare fuoco in diretta, nel corso di una puntata, ad una maglietta recante la scritta “Mafia made in Italy“.
Insomma, tanta roba per un uomo poliedrico che ha lasciato il segno praticamente in ogni settore della comunicazione e dello spettacolo. E che ci mancherà, tantissimo.