“Eccellenza reverendissima, Reverendo Capitolo Metropolitano, porgo a voi e al Reverendo Clero di questa Chiesa reggina e bovese l’omaggio filiale della Civica Amministrazione. Saluto con animo colmo di gioia la presenza, tra noi, delle eccellenze reverendissime Monsignor Francesco Milito Vescovo della Diocesi di Oppido Palmi, Monsignor Vittorio Mondello e Monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, Arcivescovi emeriti dell’arcidiocesi di Reggio Bova, Monsignor Luigi Renzo vescovo di Mileto, Monsignor Francesco Oliva, Vescovo di Locri – Gerace Amministratore Apostolico di Mileto – Nicotera – Tropea, Monsignor Santo Marcianò Ordinario Militare per l’Italia, Monsignor Emil Paul Tscherrig, Nunzio Apostolico in Italia e San Marino.
Eccellenza reverendissima, mi sia consentito di ribadirle i sentimenti di grande gioia che sta suscitando nella comunità reggina l’avvio del cammino che la comunità stessa sta compiendo al suo fianco, al fianco del suo nuovo Pastore. Sono forti le emozioni e vibranti le attese, come sempre accade quando inizia una storia nuova che ci coinvolge tutti. Al contempo, tuttavia, nel salutare e ringraziare l’Arcivescovo emerito che pochi mesi fa ha completato il suo cammino alla guida della comunità reggina, avvertiamo anche tutto il carico di responsabilità che questo passaggio così solenne ed emozionante reca con sé, nei confronti di ciascuno di noi. Un richiamo preciso che già ci spinge a volgere lo sguardo verso il rinnovato impegno a cui tutta la comunità reggina è chiamata, a sostegno della sua missione pastorale e del più generale percorso di riscatto che il nostro territorio sta coraggiosamente portando avanti.
È una festa diversa dal solito, anche quella di quest’anno. Gli effetti di questa terribile pandemia continuano a sconvolgere le nostre vite, scatenando nella comunità sentimenti di smarrimento, di incertezza e precarietà, ed al contempo, soprattutto, ad affollare i reparti dei nostri ospedali, a mietere vittime nelle nostre famiglie, tra i nostri amici, tra i nostri affetti più cari. Quello che pensavamo non potesse mai accadere, troppo distratti dalle nostre effimere certezze, purtroppo nell’ultimo anno e mezzo è diventato un triste e difficoltoso calvario che stiamo tentando, faticosamente, di scalare. Una crisi sanitaria mondiale, difficilmente immaginabile fino a qualche tempo fa, è oggi una realtà che ha causato innumerevoli danni non solo alla salute delle persone, ma anche sul piano sociale ed economico, e contro la quale dobbiamo continuare a combattere, con l’obiettivo di riconquistare quella normalità che oggi tanto ci manca. Di fronte a tutto questo, non esiste altra strada che la vaccinazione, unico strumento che ha evidenziato la sua efficacia alla luce delle risultanze scientifiche ad oggi disponibili e che costituisce l’unica chiave conosciuta per l’uscita dalla condizione pandemica. E tuttavia su questo tema, nonostante i tanti sforzi delle autorità sanitarie, e l’impegno encomiabile di migliaia di medici, infermieri e volontari, che non finiremo mai di ringraziare, c’è ancora molta strada da fare, in particolare fra i più giovani, ancora poco attenti agli inviti della comunità scientifica.
Tra pochi giorni inizierà la scuola e sono purtroppo migliaia gli studenti non ancora vaccinati; così come tanti ancora sono gli insegnanti che hanno deciso di non sottoporsi a vaccinazione. Una circostanza che ci preoccupa fortemente e sulla quale è necessario interrogarsi, a cominciare dal contesto delle famiglie che sono le agenzie educative primarie e che devono costituire un solido punto di riferimento nella coscienza dei più giovani. Non possiamo restare indifferenti di fronte a tutto questo, la libertà di ognuno di noi, bene prezioso e certamente irrinunciabile, trova un limite quando incontra quella dell’altro. E così l’invito è quello di rinunciare ad un pezzettino delle nostre convinzioni, spesso erronee o addirittura alimentate da una falsa propaganda, per tutelare la salute di chi ci circonda e per rispettare il sacrificio di migliaia di medici e sanitari, e di tutti coloro che per debellare questa crisi pandemica negli ultimi 18 mesi hanno rischiato in prima persona la loro salute, in alcuni casi donando la vita per tutelare la propria comunità.
Eccellenza Reverendissima, il mondo ancora vive giorni difficili. Guerra e distruzione sono purtroppo infausti protagonisti in aree geografiche, che da decenni ormai vivono una condizione di grande instabilità e di negazione dei diritti universali ed inalienabili della persona. Spesso facciamo l’errore di pensare che ciò che vediamo in televisione o su internet non ci riguardi, non ci sfiori, siano faccende lontane che in alcun modo possono influenzare le nostre vite. Invece, talune vicende sono molto più vicine a noi di quanto pensiamo. E ci riguardano, non solo perché interferiscono sulla nostra esistenza, ma perché ci interrogano, nella qualità più nobile che nostro Signore ci ha donato, che è quella di essere persone senzienti, dotate di arbitrio e di umanità. Non esistono “cose dell’altro mondo”, esistono cose che stanno da un’altra parte del mondo, un mondo in cui esplodono bombe per strada, sono imposti gli usi, i costumi, è vietato pensare ed è vietata persino la musica, mentre sono annullati i diritti politici e di genere. E alle donne è fatto divieto di partecipare alla vita pubblica e di esprimere la propria opinione. Rispetto a tragedie come quella afgana non possiamo pensare di voltarci dall’altra parte; è per questo motivo che abbiamo già dato disponibilità al Governo a tendere una mano a quei bambini, quelle donne e quegli uomini che oggi sono in fuga dal loro paese e che accettano di aggrapparsi alle ali di un aereo in decollo, forse consapevoli di andare incontro ad una probabile morte, piuttosto che rimanere ostaggio degli orrori del regime che, nonostante venti anni di attività diplomatica internazionale, è tornato a governare le sorti di quel Paese. Noi abbiamo il dovere di dare una risposta di umanità a questi nostri fratelli. Con la Madonna della Consolazione che guida le nostre intenzioni e la virtù che accompagna le nostre braccia protese verso il bisogno.
Eccellenza Reverendissima, la consegna del cero votivo è solitamente l’occasione per fare un bilancio delle attività poste in essere dall’Amministrazione comunale nella gestione del bene comune. Pur tuttavia, di fronte alla tanta sofferenza che ancora c’è in città tutto viene meno e perde di significato: non importa quanti risultati hai ottenuto, non importa quanta strada hai fatto, non importano neanche i sacrifici personali, la passione e l’intensità che ci hai messo. Importa solo il senso di grande amarezza che si prova quando ancora oggi non si riescono a garantire servizi dignitosi, quando manca l’acqua nelle case e quando l’ambiente è degradato dai rifiuti per strada. Potrei dire che alcune cose non dipendono dal sindaco, o solo dal sindaco, invece quello che è mio compito fare qui oggi è chiedere scusa per ciò che ancora non è stato raggiunto, per gli errori commessi, per le decisioni sbagliate, prese troppo tardi o non prese, ed impegnarmi personalmente, insieme ai componenti della Giunta, a continuare a lavorare sodo. Perché questo è ciò che fa un uomo delle istituzioni.
Vergine Madre, a te affidiamo la nostra città e a te ci affidiamo come amministratori. Fa’ che l’ambizione personale dei singoli non contrasti col raggiungimento del bene comune, che deve essere proprio di ogni buon amministratore. Siamo consapevoli che nessun uomo è un’isola e che nessuno si salva da solo e, nell’epoca dell’io al posto del noi, ti chiediamo di non fare venire meno due elementi essenziali in questo difficile cammino: la fiducia e la lealtà.La fiducia nel continuare a remare seguendo la rotta tracciata dal nocchiero, anche quando si fa fatica a intravedere un porto sicuro all’orizzonte e si è distratti dal fascino delle sirene, belle fuori ma pronte a trasformarsi in fiere assassine una volta in acqua. E poi la lealtà, che significa continuare a guardarsi negli occhi senza abbassare lo sguardo e fare quello che i cittadini ti hanno chiesto dandoti la loro di fiducia: lavorare per il bene della città. La lealtà è un debito, il più sacro, verso noi stessi, anche prima che verso gli altri. Nessuno, tuttavia, la può imporre con la forza, con la paura, con l’incertezza o con l’intimidazione. La lealtà deriva da una scelta che solo gli spiriti forti hanno il coraggio di fare.
Infondi questa forza, Madre Celeste, a ognuno di noi, per resistere ai canti delle sirene, per non smettere di lottare, per non perdere la fiducia, per non dimenticare chi siamo, qual è la nostra storia e i nostri valori, e per spingere la notte più in là. Solo così questa città ce la farà. Eccellenza Reverendissima, con stima e gratitudine La ringrazio per il manifesto amore e la speranza cristiana che animano il Suo Alto Ministero e, con medesimi sentimenti, rivolgo il cuore e l’animo al Clero reggino.
O Patrona, con l’orgoglio del Primo cittadino, ravvivo la promessa del figlio verso la Madre e ti chiedo di stare vicina a tutti i tuoi figli che ogni giorno lottano per una città più giusta, più unita, più libera e che non perda mai la fiducia nel futuro.
Viva Maria, oggi e sempre”.