Si è spento in silenzio, proprio come aveva auspicato in una delle sue tante interviste, dopo una lunghissima malattia che ne aveva causato il ritiro dalle scene nel 2019. L’universo tricolore delle sette note piange il Maestro, quel Franco Battiato capace di unire intere generazioni: innovatore, iconico, altruista e controcorrente.
Genio siciliano
Nato a Iona, in provincia di Catania, da sempre legato alle sue radici siciliane, Franco Battiato è stato un vero e proprio genio poliedrico. L’artista vanta una vastissima produzione musicale, mai ripetitiva, ma sempre fedele all’estro del suo autore, capace di sfornare successi planetari come “La cura” (che pure non rientrava tra i brani preferiti del maestro, per stessa ammissione del cantante), “Centro di gravità permanente” (talmente amata da essere ripresa persino nella quarta stagione de “La casa di carta“, che ha contribuito ad amplificarne il fascino tra i giovanissimi), “Cuccurucucù“; ma esperto anche nello stupire il suo fedelissimo pubblico con brani più sperimentali e collaborazioni che strizzano l’occhio a una platea più contemporanea, come “Up Patriots to Arms“, fortunata partnership con i Subsonica.
Battiato è morto a Milo, nella sua villa compresa tra le pendici dell’Etna e il limpido mare di Catania, location tanto cara anche al suo collega Lucio Dalla. “Franco cominciava da giorni a perdere le facoltà – ha raccontato il fratello del cantante, Michele, che si è preso cura del maestro fino all’ultimo – Si è arrivati a un deperimento organico per cui, pian piano, si è, come posso dire, quasi asciugato. Non si è accorto del trapasso. Circondato da me, mia moglie, mio genero, i nipoti, i collaboratori e due medici che non ci hanno mai lasciato“. Rispettando le ultime volontà di Battiato, i funerali si svolgeranno in forma privata, officiata da un sacerdote amico di famiglia e alla presenza di pochi amici, quelli veri, che hanno assistito e sostenuto con affetto il cantante nel periodo buio della sua malattia.
Le critiche e i ricordi
Artista capace di dividere le masse e senza peli sulla lingua, nel corso della sua lunga carriera (iniziata nel lontano 1965) Battiato ha sempre beneficiato del dono della sincerità, come quando raccontò un aneddoto legato ad un suo fugace botta e risposta con un altro grande rappresentante dello spettacolo italiano, Dario Fo:“Una volta, era il 1980, Fo aspettò che la gente defluisse dal concerto per venirmi a dire: “Sai, non condivido i testi che scrivi“. “Non mi interessa“, risposi“.
La sua genuinità ha attirato numerosi consensi, ma anche critiche feroci e gratuite, come quella di Michela Murgia, che ebbe l’ardire di sostenere che “Battiato è considerato un autore intellettuale e invece ti vai a fare l’analisi dei suoi testi e sono delle m…. assolute. Citazioni su citazioni e nessun significato reale. Tolti due testi, forse“.
Una critica impietosa, che però non coincide con una realtà oggettiva: Franco Battiato è stato e continua ad essere amato da generazioni diverse, che conoscono a menadito testi di canzoni come “Bandiera Bianca” o “Voglio vederti danzare” (riproposta in chiave dance da Prezioso e Marvin nel 2003) oppure “Shock in my town“, nel quale il maestro siciliano ha collaborato con Morgan, che nelle scorse ore ha riservato al suo “padre musicale” bellissime parole di commiato: “Santo cielo, non avrei mai voluto che arrivasse questo momento – così inizia il lungo tributo social di Marco Castoldi – Mi fa tanto male pensare alla sua bontà, alla sua ironia, alla sua intelligenza. Battiato era uno degli ultimi veri uomini di cultura in questa Italia mediocre e spenta. Finché è stato al mondo potevo dire che c’era qualcuno che mi capiva. Adesso sia io che la maggior parte del mondo che mi circonda siamo alla deriva, abbiamo quasi esclusivamente cattivi esempi di egoismo, utilitarismo e ignoranza. Ecco, Battiato era l’esatto contrario: un leader sensibile, generoso e colto. Mi ha sempre chiamato Morganetto. Pace all’anima sua. Sono triste, incazzato, affranto, malinconico, piangente, nostalgico e desolato, ho il cuore spezzato e sono disperso, disperato“.
Una delle ultime esibizioni pubbliche di Battiato risale al 2015, quando cantò sul palco di “X-Factor” proprio il suo brano più rappresentativo, “La cura”. La sua performance, che tradiva già i primi segni di un decadimento fisico del cantante, fu fortemente stroncata da quella stessa critica giornalistica che ora lo osanna, lo commemora, lo ricorda. La verità, però, è che uno scivolone non intaccherà mai la profonda, meravigliosa eredità musicale del maestro Franco Battiato.