Italia, fine anni Settanta. La problematica della tossicodipendenza dilaga e lo Stato si trova impreparato a gestire le morti, la delinquenza, il sempre crescente numero di eroinomani e non solo a spasso come zombie per le città dello Stivale. Nel mezzo di una fase di transizione storica e sociale così delicata, quasi per caso nasce la comunità di San Patrignano, destinata ad aiutare tanti giovani in difficoltà ma, al contempo, a far parlare di sé e non sempre in termini lusinghieri. Della nascita, l’ascesa ed anche del parziale declino della comunità fondata da Vincenzo Muccioli nel 1978 parla la discussa docu-serie targata NetflixSanPa – Luci e Tenebre di San Patrignano“. L’opera diretta da Cosima Spender si dipana attraverso cinque capitoli ciascuno della durata di un’ora circa e mira a mettere in evidenza luci ed ombre non solo della comunità ma anche e soprattutto del suo deus ex machina, quel Vincenzo Muccioli sempre in bilico tra santificazione e condanna, tra verità e mitomania, tra pura bontà ed altrettanto subdola malvagità.

I due volti di Muccioli

La produzione originale Netflix tenta di ricostruire la verità su una comunità tanto pubblicizzata dai politici – ma ben poco sostenuta da questi ultimi – vista come unico rifugio per quel sempre più ampio gruppo di “reietti” – i tossici prima, i sieropositivi successivamente – che nessuno sapeva o voleva aiutare; allo stesso tempo, però, attraverso le testimonianze di suoi ex “pazienti”, amici di Muccioli, giornalisti e magistrati, il documentario pone l’accento sulle sfaccettature più cruente della comunità: le catene, i maltrattamenti, i suicidi, un omicidio controverso, le presunte minacce ad un ex collaboratore di Vincenzo Muccioli, Walter Delogu (padre della nota conduttrice Andrea). E’ proprio il tentativo di ricostruzione della così astrusa personalità del suo fondatore il perno centrale di “SanPa“, eretto inizialmente quasi a dio e trasformato, negli anni successivi, in una sorta di mitomane affetto da delirio di onnipotenza, disposto a tutto pur di tenere al sicuro in comunità quelli che definiva i suoi ragazzi. Muccioli, primogenito di due fratelli, appassionato di spiritismo; Muccioli, coriaceo e generoso padre (non solo dei propri figli) dal sorriso aperto e dal profondo senso pratico; Muccioli, “mostro” mascherato da omone bonaccione, disposto ad uccidere pur di proteggere la “sua” creatura, quella San Patrignano che fu sostenuta (e che ancora continua ad essere sostenuta) economicamente da Letizia Moratti e dal suo consorte Gianmarco, morto nel 2018.
Su questa dicotomia straniante e non sempre definita si costruisce una narrazione che miscela con sapiente equilibrio filmati d’epoca, testimonianze choc di ex tossicodipendenti, di Andrea Muccioli (figlio di Vincenzo, che dirigerà la comunità di San Patrignano sino al 2011), di Red Ronnie (fervente sostenitore dell’operato di Muccioli, talvolta ben oltre la pesante e palese evidenza), di giornalisti e personalità di spicco della Giustizia dell’epoca. I primi due episodi della docu-serie, “Nascita” e “Crescita“, raccontano i primi anni della comunità e l’impegno profuso da Muccioli per sostenere ed aiutare i ragazzi e le famiglie disperate in cerca di sostegno, tra piccoli “scivoloni”, ampio senso di famiglia e prime accuse dalle quali difendersi. E’ proprio a partire dalla fine del secondo capitolo di “SanPa” che le certezze dello spettatore iniziano a vacillare: la figura di Muccioli inizia ad assumere sfumature torbide; all’immagine del signore tutto d’un pezzo si sostituisce il personaggio televisivo, sempre in bilico tra il ruolo di santità e quello di boia.
Fama” e “Declino” (capitoli tre e quattro) vedono San Patrignano alle prese con la letale epidemia di AIDS (rumors del tempo volevano un Muccioli successivamente ucciso da questa terribile malattia, sottintendendo in maniera strisciante una sospetta omosessualità dell’uomo; tesi, questa, respinta con forza da famiglia ed amici) e con i drammatici suicidi di Natalia Berla e Gabriele De Paola: una escalation di eventi sfavorevoli, che traghetteranno Muccioli e i suoi fedelissimi nuovamente in direzione delle tanto odiate aule giudiziarie, stavolta con un’accusa ben più pesante: quella di omicidio.

Morte e polemiche

La quinta ed ultima parte di “SanPa” è intitolata, non a caso, “Caduta“: la caduta di un dio terreno, spogliato della sua (forse sopravvalutata) caratura morale e della sua perfezione trasformato in un bersaglio facile, nonostante vanti ancora – e vanterà fino alla fine della sua esistenza – una schiera di aficionados pronti a linciare tutti coloro si fossero macchiati dell’empio crimine di voltargli le spalle. Primo fra tutti proprio Delogu, che registrò ad insaputa del Muccioli una conversazione compromettente, che proverebbe l’intento omicida del “padre” di San Patrignano ai danni di un “testimone scomodo“. Muccioli inizia a soffrire il peso della gogna mediatica oltre che dei processi legali; stremato nel corpo e nell’anima si spegne, misteriosamente, il 19 settembre del ’95. I suoi funerali vedono presenziare volti noti al fianco dei ragazzi di San Patrignano, che piangono la dipartita del loro “eroe”, come per molti degli ex inquilini della comunità tale resterà, almeno in parte, nonostante tutto.
Il documentario della Spender non è stato, ovviamente, scevro da critiche ed accuse, in particolare dai sostenitori di Muccioli: alla regista e al suo team viene tacciato di aver fornito un quadro parziale della genesi di San Patrignano, poco concentrato sulla problematica della tossicodipendenza e più preoccupato, al contrario, di fornire al pubblico un ritratto non esattamente lusinghiero del suo fondatore. La verità, però, è che “SanPa” è un lavoro appassionante proprio perché non referenziale: sarebbe stato facile mostrare alla gente la classica storia con lieto fine contornata dalla figura di un eroe “senza macchia e senza paura“, tralasciando dichiarazioni fuori dal coro o fatti di cronaca sin troppo misteriosi per non essere approfonditi.
Alla fine della visione dei cinque capitoli di “SanPa – Luci e Tenebre di San Patrignano” potreste rimanere sconvolti e avere il vostro giudizio sospeso tra incredulità, rabbia, empatia, dolore. Ebbene, credo che lo scopo del prodotto Netflix sia proprio questo: traghettare lo spettatore in un mondo sospeso tra luce ed ombra, dove non tutto è quello che sembra ed in cui non esistono solo santi o solo peccatori.