Sulla Rivolta di Reggio Calabria si è detto tanto e scritto forse ancora di più, ma su una cosa non è lecito discutere: la buona fede dei reggini. L’“anima” che li ispirò e che ne guidò le scelte ed i comportamenti, pur antidemocratici, andò unicamente nella direzione della protesta di un Popolo che non ha accettato supinamente le decisioni di una classe politica staccata dalla realtà, che stava perpetrando una palese ingiustizia e che non riconosceva più nel Popolo stesso la sua più intima essenza. Leggere di accostamenti, di partecipazioni e di interessi della ‘ndrangheta e dell’eversione extraparlamentare durante quella stagione è come uccidere di nuovo le 5 vittime, risentire ancora le urla di dolore dei feriti e dei mutilati, ricacciare la città nel vortice negativo della disinformazione pilotata. Le cronache, anche quelle giudiziarie, le dichiarazioni dei protagonisti, i servizi giornalistici, i resoconti e le informative delle autorità competenti, narrano che i reggini si contrapposero ai moschetti delle forze dell’ordine lanciando pietre a mani nude o con le fionde e, al massimo, prepararono rudimentali ordigni incendiari con le bottiglie delle bibite; per tutto il periodo della Rivolta non si registrarono furti, rapine, saccheggi e reati connessi alla criminalità organizzata e nessun appartenente alle ‘ndrine si fece notare sulle barricate o nelle manifestazioni, men che meno fu arrestato per quei fatti.
Partire dalla Rivolta del 1970, dallo “scippo” del Capoluogo quindi, per giungere alla “conquista” della Città Metropolitana, attraverso la storia e all’interno di un percorso che caratterizza la politica di Reggio Calabria e il suo spirito non è un esercizio di mero campanilismo. Con la Legge nr. 42 del 2009 è stata riconosciuta Reggio Calabria quale decima Città metropolitana d’Italia, uno straordinario strumento per il definitivo rilancio di tutto il territorio provinciale in ottica nazionale ed europea.
La nascita della Città metropolitana è innegabilmente una conquista della destra politica, quella destra cresciuta a pane, Rivolta e Ciccio Franco. La Coscienza del Popolo reggino ne è consapevole di questo, la stessa Coscienza di Popolo che, piuttosto che agognare improbabili nuove rivolte, dovrebbe pungolare le amministrazioni locali affinché tramite lo strumento della Città Metropolitana si possa staccare Reggio da quel cordone che la lega alla politica regionale, spesso matrigna e indifferente ai reali bisogni, e agire definitivamente sulla base di quanto era nelle intenzioni di chi ha ottenuto la realizzazione di quel progetto che potrebbe rappresentare per la città un irripetibile, definitivo, salto di qualità.
Alla luce di quanto emerso nel corso di questi 50 anni, in definitiva, qualsiasi lettura si voglia dare alla Rivolta, non può venir meno la dimensione popolare della protesta. In piazza, per le strade e tra le barricate ci furono uomini e donne, giovani ed anziani; proprietari terrieri e agricoltori; studenti, operai ed impiegati; classi abbienti e meno; gente di diverso strato sociale che lottò compatta per rivendicare un diritto, per denunciare un sopruso. Una straordinaria esperienza mai più ripetuta in alcun Paese delle democrazie occidentali: l’esperienza di un Popolo che non si arrese, che non si rassegnò, ma che lottò per la giustizia sociale e per il proprio futuro, e che per questo pagò un prezzo altissimo. Dopo lo scippo del Capoluogo, ci vollero molti anni affinché il territorio si riprendesse da quel colpo quasi mortale, e memorabili battaglie in tutti i consessi elettivi, per avere assegnate alla città importanti istituzioni, tra le quali la sede del Consiglio Regionale, la Corte d’Appello, l’Università, l’Università per Stranieri, l’Accademia di Belle Arti, il Conservatorio di Musica, il Porto di Gioia Tauro, l’Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati e, per ultima, la Città Metropolitana. Mai come oggi, in cui a prevalere sono sentimenti di rassegnazione, menefreghismo e antipolitica, il messaggio della Rivolta e l’esempio di uomini come Ciccio Franco devono essere da monito ai cittadini di Reggio.
Giuseppe Agliano