Ho raccontato molte storie di giovani e credo ci sia ancora speranza“. Una frase secca, ma carica di significato che ben riassume il concetto di “fare cinema” di Joel Schumacher, cineasta che ha irrimediabilmente diviso la critica con i suoi lavori ma che mai ha lasciato indifferenti esperti e cinefili accaniti. Schumacher si è spento ieri all’età di 80 anni dopo aver combattuto a lungo contro un cancro, lasciandoci in eredità una vasta e variegata filmografia, tra opere da Oscar e “scivoloni” altrettanto indimenticabili.

Tra Batman e Grisham

Nato nel 1939 a New York, la carriera nel patinato mondo dello spettacolo per Joel Schumacher non prende il via dietro una macchina da presa. Dopo gli studi in una scuola di design, infatti, l’uomo comincia a lavorare in qualità di costumista su alcuni set televisivi e cinematografici. Dopo una parentesi come sceneggiatore e collaboratore in pellicole minori alla fine degli anni Settanta, ecco il grande salto: è il 1981 e Joel Schumacher esordisce al di là della cinepresa nella commedia fantascientifica “The Incredible Shrinking Woman“.
Dopo il debutto, Schumacher diventa inarrestabile. Nel 1987 dirige, tra gli altri, un giovanissimo Kiefer Sutherland in “Ragazzi perduti“, cimentandosi in uno dei generi al regista newyorkese più congeniale: l’horror (intriso anche di una vena comica). Schumacher ha amato, tuttavia, sperimentare diversi generi filmici. Nel 1993 esce nelle sale “Un giorno di ordinaria follia“, adrenalinico thriller in gara al Festival di Cannes di quello stesso anno con un Michael Douglas in grande spolvero. Nella pellicola l’attore incarna perfettamente l’ideale statunitense dell’ “uomo bianco arrabbiato“, che cerca strenuamente di reagire ai soprusi della società, in un film stracolmo di sane frecciate al politicamente corretto. Tra il 1994 ed il 1997 il regista regala al pubblico quattro pellicole dai destini controversi. Due di esse sono tratte da romanzi del re del thriller John Grisham: “Il cliente” – che valse a Susan Sarandon la nomination come Miglior Attrice Protagonista agli Academy del 1995 – e “Il momento di uccidere”, record di incassi nel quale il regista torna a dirigere, tra gli altri, Kiefer Sutherland.
Sorte ben diversa è invece toccata ai blockbuster dedicati all’Uomo Pipistrello, tramandati ai posteri come lungometraggi non particolarmente osannati dal fanbase di Batman. Se “Batman Forever” con Val Kilmer ha letteralmente spaccato a metà i giudizi di pubblico e critica, “Batman & Robin” ha invece gettato nello sconforto gli spettatori, che si sono trovati concordi nello stroncare senza mezze misure l’interpretazione di Bruce Wayne fornita sul grande schermo da George Clooney. Una buccia di banana presa in pieno dal regista, che vent’anni dopo arrivò persino a scusarsi pubblicamente con gli aficionados del supereroe DC. Pregevole invece il thriller “In linea con l’assassino” (2002), una scommessa vincente con Forest Whitaker e un ancora sconosciuto Colin Farrell: un incubo hitchcockiano ambientato in una sola location (una cabina telefonica), che riesce a tenere lo spettatore col fiato sospeso (ed un ansia incontrollabile) fino ai titoli di coda.
L’ultima fatica sul grande schermo di Schumacher è datata 2011, quando diresse Nicholas Cage e Nicole Kidman nel thriller “Trespass“, giunto in Italia solo in edizione home video. La dipartita del regista rappresenta un’altra grandissima perdita nel mondo della Settima Arte che segue a ruota quella, avvenuta nei giorni scorsi, dell’attore inglese Ian Holm.