Distanziamento sociale, mascherine, misurazione della temperatura obbligatoria, restrizioni e divieti: sono queste, in sintesi, le condizioni poste dal Governo italiano per ridare linfa vitale al settore dello spettacolo, che potrebbe tornare pienamente in auge a partire dal 15 giugno, completamente ridimensionato dall’emergenza sanitaria causata dal CoronaVirus contro cui il mondo intero sta ancora combattendo.
Tra rinvii ed incertezze
Il comparto degli eventi e spettacoli è oggettivamente uno dei più colpiti da questa terribile pandemia da Covid-19. Tra set “congelati”, doppiaggi sospesi e concerti rinviati, numerosi sono stati gli operatori ridotti sul lastrico. Non si parla ovviamente di blasonate star, bensì di tutte quelle persone che lavorano nell’ombra, dietro le quinte, continuamente omaggiate dagli artisti che hanno chiesto al Premier Giuseppe Conte di darsi da fare affinché questi lavoratori possano usufruire di tutto il sostegno garantito dallo Stato.
La risposta, seppur parziale, è arrivata con il recente DPCM sulle riaperture che vedrà cinema e teatri riaprire i battenti a partire dal prossimo 15 giugno, ma a condizioni non negoziabili. Bisognerà garantire il distanziamento sociale non solo in platea, ma anche tra gli artisti; sarà obbligatoria la misurazione della temperatura all’ingresso e caldamente preferito l’acquisto on-line di biglietti, ove possibile; i locali dovranno essere sanificati tra uno show e l’altro e sarà obbligatorio indossare la mascherina; infine, sarà tassativamente vietata la vendita di cibo e bevande. Non mancheranno, inoltre, apposite segnaletiche per regolamentare i flussi d’entrata ed uscita delle persone accorse all’evento. Saranno risicati anche i numeri delle persone che potranno beneficiare della visione di un film o di una kermesse teatrale. Per ogni evento al chiuso non si potranno superare le duecento unità presenti in platea; il numero sale a mille in caso di spettacoli all’aperto, quali ad esempio gli eventi di piazza. Tali restrizioni sono state accolte in maniera controversa dagli addetti ai lavori che, se in parte hanno deciso di adeguarsi alle normative del Governo, in altri casi hanno invece optato per rinvii o addirittura annullamenti di spettacoli.
Vasco Rossi, Tiziano Ferro, Gianna Nannini, Piero Pelù e Claudio Baglioni sono solo alcuni tra i cantanti che hanno già reso noto un rinvio delle proprie date al 2021, rassicurando i propri fan sulla possibilità di riutilizzare i biglietti già acquistati. Nulla da fare, invece, per Paul McCartney: l’ex Beatle, che avrebbe dovuto esibirsi al prossimo Lucca Summer Festival (anch’esso rinviato all’anno prossimo), non presenzierà alla kermesse toscana. Stesso discorso vale per Paul Walker, che avrebbe dovuto incantare il pubblico italiano con la sua possente voce nel mese di luglio. I fan dell’interprete britannico riceveranno un rimborso del biglietto o un voucher di pari valore.
L’accusa di Diodato, la protesta dei fotografi
La ripresa del settore dell’intrattenimento in questa incerta fase due avrà indubbiamente bisogno di qualche miglioramento e di un clima più disteso tra gli artisti ed il Governo tricolore. Risale allo scorso sabato la frecciata al vetriolo di Antonio Diodato indirizzata al Premier Giuseppe Conte. L’artista – che ha regalato al pubblico dell'”Eurovision Shine a Light” una interpretazione da brividi di “Fai Rumore” in una deserta Arena di Verona – ha contestato una dichiarazione del Premier che, parlando proprio dei lavoratori di spettacolo, aveva apostrofato gli stessi come “Artisti che ci fanno divertire“. “In un momento come questo, la politica deve usare termini un po’ più rispettosi – ha premesso il cantante pugliese – Soprattutto per gli artisti e i lavoratori dello spettacolo che stanno soffrendo. Questa sua descrizione sembra essere più vicina a una visione medievale dell’artista. E spero che queste parole diventino motore per una rivoluzione, una volontà di mettere fondamenta importanti per tutelare i lavoratori dello spettacolo anche in futuro“.
Una rivoluzione, quella invocata da Diodato, nella quale sperano anche i fotografi, una delle categorie probabilmente più bistrattate di questa controversa fase due. “La nostra è un’arte che nessun virus deve cancellare, dateci voce“: questo l’appello dell’Associazione Fotografi e Video-Operatori di Cava de’ Tirreni (Salerno), che patiscono l’annullamento di matrimoni ed altri eventi e temono l’ipotesi di chiusura definitiva di molti studi, con disastrose conseguenze e non solo in termini economici.
“Reggere un anno è impossibile, ma questo nessuno sembra volerlo capire – spiega un portavoce dell’associazione – Siamo tutti intenti a seguire con gioia le notizie sulla riapertura, sulla riduzione dei contagi, su una normalità che sembra essere imminente, ma si dovrebbe ben capire che quello che è “normale” per alcuni non lo è per altri“.
Fotografi ed operatori video lamentano un trattamento da “invisibili” e non usano mezze misure per contestare la trascuratezza mostrata dal DPCM nei loro riguardi. “Ogni dieci minuti in TV si vedono spot che chiedono un aiuto solidale, per la ricerca, i malati, le situazioni di fame e carestia nel mondo… ma cosa le fanno a fare se non abbiamo voglia nemmeno di interessarci al prossimo che ci sta accanto ogni giorno e che magari conosciamo da una vita!? Qui c’è un intero settore che deve rimanere un anno senza lavorare – tuonano i componenti dell’associazione di settore di Cava de’ Tirreni nelle parole del proprio portavoce – Non sappiamo più come dirlo, come far sentire la nostra voce. Stiamo chiedendo un aiuto specifico per la nostra situazione, non possiamo prenderci le briciole di quello che viene fatto per altre categorie e realtà. Abbiamo bisogno di misure ad hoc e ne abbiamo bisogno subito. Non c’è più tempo, già sappiamo di tanti amici che hanno chiuso per non riaprire più. Ci rivolgiamo a chi ci governa: per favore non perdiamo altro tempo. Potrebbe essere fatale ed esserlo per tutti“. Un appello struggente, che speriamo non resti a lungo inascoltato.