“Sono una che vuole la verità, che odia il romanticismo, non sono sentimentale, detesto tutto ciò che è finto a parte la TV che mi diverte“. Parole semplici ma cariche di potenza per mettere a nudo sé stessa, raccontando le sue ambizioni ed esprimendo il suo desiderio di essere accettata per quella che era realmente: fragile, ma al contempo determinata, unica e non solo per il suo cantato. Venticinque anni fa lasciava questa terra l’immensa Mia Martini, artista di natali calabresi (nacque a Bagnara Calabra [Rc] con il nome di battesimo di Domenica Rita Adriana Bertè, sorella dell’altrettanto nota Loredana di appena tre anni più giovane), resa immortale ai posteri grazie alle sue canzoni: inni all’amore, alla femminilità, alla voglia di riscattarsi.
Una vita, quella della cantante, breve ma a dir poco intensa, non sempre facile. La figura controversa del padre, le amicizie profonde e durature (come quella con Renato Zero), l’amore tormentato per Ivano Fossati, il legame non sempre facile con la sorella ribelle, quella Loredana Bertè che ha ammesso, anche dopo tanto tempo, di non essere ancora riuscita a perdonare sé stessa per non aver risposto alle ultime chiamate della sorella Mimì – così era affettuosamente chiamata da parenti e amici – effettuate dalla Martini proprio il giorno della sua morte, il 12 maggio 1995, per un presunto arresto cardiocircolatorio (anche se si rincorsero in maniera spesso odiosa rumors su un probabile suicidio).
“Molti anni fa mia sorella Mimì mi regalò uno dei primi telefoni cellulari – ha raccontato, commossa, Loredana Bertè – Il motivo del regalo era strettamente legato alla voglia di sentirmi più spesso ma io, senza un perché, lo buttai. Tempo dopo, il telefono di casa iniziò a squillare, ma non risposi. Quella sera morì Mimì e io rimarrò sempre con il dubbio di aver perso la telefonata della vita“. Un fardello con il quale è senza dubbio difficile convivere, quasi come fu dura per Mia Martini sopportare le fastidiose accuse di portare jella che ne compromisero, per fortuna solo temporaneamente, la carriera e il benessere emotivo. Potrebbero esistere milioni di modi per raccontare la vita e la carriera di Mia Martini, ma la storia si costruisce soprattutto con i dettagli: quale modo migliore di far conoscere ed amare Mimì, dunque, se non attraverso le sue canzoni?
- “Padre davvero…” (1971). “Padre, davvero lo vuoi sapere/ Se tu non vieni mi fai un piacere/ Mi avevi dato per cominciare/ Tanti consigli per il mio bene/ Quella è la porta, è ora di andare/ Con la tua santa benedizione“. Primo tra i singoli della cantante calabrese ad uscire con lo pseudonimo di Mia Martini, “Padre davvero” fu ritenuto all’epoca della sua uscita piuttosto dissacratorio, tanto da essere sottoposto alle pesanti censure imposte dalla Rai in quel periodo. Il testo, scritto da Antonello De Sanctis, rappresenta appieno non solo lo scontro generazionale tra un genitore e sua figlia, ma anche il turbolento rapporto tra Mimì e suo padre, accusato di essere un uomo violento.
- “Piccolo uomo” (1972). “Piccolo uomo, non mandarmi via/ Io, piccola donna, morirei/ È l’ultima occasione per vivere/ Vedrai che non la perderò, no/ È l’ultima occasione per vivere/ Avrò sbagliato, sì lo so/ Ma insieme a te ci riuscirò/ Perciò ti dico Piccolo uomo non mandarmi via, no/ Io piccola donna muoio se mi lascerai“. Nonostante la stroncatura a “Un disco per l’estate”, “Piccolo uomo” rappresentò il primo degli straordinari successi di Mia Martini, tanto da raggiungere il suo primo podio al “Festivalbar”. Scritta dal duo Bruno Lauzi-Michelangelo La Bionda, il brano divenne rapidamente una hit parade ed è rimasta nel cuore di tutti i fan della cantante. Piccola curiosità: il lato B del singolo è “Madre“, cover di “Mother” di John Lennon.
- “Minuetto” (1973). “E la vita sta passando su noi, di orizzonti non ne vedo mai/ Ne approfitta il tempo e ruba come hai fatto tu/ Il resto di una gioventù che ormai non ho più/ E continuo sulla stessa via, sempre ubriaca di malinconia/ Ora ammetto che la colpa forse è solo mia/ Avrei dovuto perderti, invece ti ho cercato…“. Anche se le parole della canzone non sono state scritte da Mimì, “Minuetto” può essere ritenuta una vera e propria opera autobiografica. L’autore del brano, Franco Califano (che lo scrisse a quattro mani con Dario Baldan Bembo) prese infatti spunto dalle vicissitudini sentimentali di Mimì per raccontare la storia di una donna consapevole di essere quasi una “schiava” del proprio uomo, ma di non riuscire a ribellarsi a tale dinamica. La canzone è il singolo di punta del terzo disco della cantante, “Il giorno dopo“, che contiene al suo interno anche la cover di “Your Song” di Elton John, “Picnic“. La versione di Mimì contribuì a rendere celebre la hit del cantante britannico.
- “Gli uomini non cambiano” (1992). “Gli uomini non cambiano/ Prima parlano d’amore/ E poi ti lasciano da sola/ Gli uomini ti cambiano/ E tu piangi mille notti di perché/ Invece, gli uomini ti uccidono/ E con gli amici vanno a ridere di te“. Seconda classificata al Festival di Sanremo del 1992, la canzone mette in luce tutta la potenza vocale di Mia Martini, che offre un’interpretazione struggente di un brano che pare cucito apposta sulla sua esperienza personale. La canzone, scritta per lei da Giancarlo Bigazzi, Marco Falagiani e Giuseppe “Beppe” Dati, è un’analisi sofferta sul genere maschile e sui peggiori difetti che emergono dietro una facciata ben costruita su false promesse.
- “Cu’ mme” (1992). “Guarda stu mare/ Ca ci infonne e paure/ Sta cercanne e ce mbara’/ Ah comme se fa’/ A da’ turmiento all’anema/ Ca vo’ vula’/ Si tu nun scinne a ffonne/ Nun o puo’ sape’/ No comme se fa’/ Adda piglia’ sultanto O mare ca ce sta’/ Eppoi lassa’ stu core Sulo in miezz a via“. Nello stesso anno in cui uscì “Gli uomini non cambiano”, Enzo Gragnaniello scrisse questo struggente brano in dialetto napoletano, magistralmente interpretato da Mimì e dal compianto Roberto Murolo. La canzone è un botta e risposta tra un uomo che invita la sua amata a lasciarsi andare e la replica della donna, che sottolinea che a volte la paura di soffrire supera il desiderio di cedere all’amore.
- “E non finisce mica il cielo” (1982). “E non finisce mica il cielo/ Anche se manchi tu/ Sarà dolore o è sempre cielo/ Fin dove vedo/ Chissà se avrò paura/ O il senso della voglia di te/ Se avrò una faccia pallida e sicura/ Non ci sarà chi rida di me“. Chiudiamo questa piacevole carrellata nell’universo canoro ed esistenziale di Mimì con il brano scritto da Ivano Fossati, ritenuto a ragione il grande amore della cantante calabrese. Il brano, inizialmente destinato a Mina, fu poi interpretato dalla Martini e sancì il suo ingresso nella più grande manifestazione canora del Bel Paese: Sanremo. Mimì non trionfò sul podio, ma ottenne l’agognato Premio della Critica che, dopo la sua scomparsa, prese proprio il suo nome.