Riceviamo e pubblichiamo:
In TV e sul web girano tante di quelle cose che siamo bombardati da ogni direzione. In tutti questi giorni di quarantena, i pensieri sovrastano la quotidianità ed il silenzio, a cui non siamo abituate, risuona rimbombando come un frastuono dentro di noi. Vogliamo tornare a prendere i pidocchi. Sì. I pidocchi. Fare la maestra non è solo alzarsi la mattina per andare a lavorare. Fare la maestra è costruire piano piano il futuro di una persona, modellarlo come un panetto di creta nelle mani.
Fare la maestra è concentrarsi ogni minuto di ogni ora per dire le cose giuste, perché le parole sono come macigni che potresti rischiare di far portare dentro per tutta la vita. Fare la maestra è aprirsi per far entrare ogni possibile problema, lamento o capriccio, è stupire e accogliere, è stancarsi per aver fatto sacco pieno e sacco vuoto, è un passepartout che ti permette di entrare in tutte le serrature che trovi davanti ogni mattina. Fare la maestra è empatizzare, capire con chi hai a che fare, entrare in punta di piedi nelle loro vite e dare un calcio a scoraggiamenti e frustrazioni con le scarpe da ballerina.
Fare la maestra è coraggio, è mutevole. Un giorno ti trovi ad essere un mago, un altro una psicologa, un altro un medico, un altro il buffone di corte e un altro ancora uno spacciatore di fazzolettini.
Ci sentiamo di essere presenti, ora come non mai, in questo periodo con i nostri bambini e noi tutte stiamo cercando di farlo, ma il nostro lavoro non è solo didattica; il nostro lavoro comprende quel calore umano che davanti ad uno schermo non si può trasmettere, contribuiamo a crescere uomini e donne completi, a riempire mancanze che possono trovare di fronte. Come possiamo farlo con uno schermo? Come possiamo abbracciare un computer?
A noi manca soffiare il naso, per esempio, manca allacciare le scarpine, urlare “mettetevi in fila” o “stai composto”, manca essere stanche per le mille cose fatte e i mille pensieri in testa.
È giunta l’ora che qualcuno dica agli insegnanti, che non sono solo quelli che “ah, ma all’asilo si gioca e poi hai un mese di vacanza d’estate, per non contare tutte le feste, beata te”, che in questo momento stanno facendo un grande lavoro su se stessi. È l’ora che qualcuno pensi davvero ai bambini, al loro futuro, a ciò che vivranno quando torneranno a scuola e quando tutti ci sentiremo stralunati, più di quanto lo siamo adesso: invece semplicemente saremo a scuola. È l’ora che si pensi e basta. Mentre abbiamo tolto loro la libertà di uscire, vedere gli amichetti, correre su un prato, andare in bicicletta, è l’ora che si pensi a come rimettere tutto in carreggiata piano piano.
E noi maestre abbiamo il dovere morale di pensare di più a riempire il loro vuoto nel cuore che quello nella testa, perché a leggere, probabilmente, potranno impararlo anche da soli, ma a “leggere” sé stessi o gli altri sarà compito di noi adulti. Perché ora sono “solo” bambini, scaccolatori seriali, ma un giorno saranno medici, infermieri, architetti, operai, salumieri, giardinieri o quegli insegnanti, proprio come noi, che accetteranno il rischio, per tutta la vita, di prendersi i pidocchi. Si, perché a noi manca anche prenderci i pidocchi. E se questo non è amore, diteci cos’è…
Buon weekend a tutti, soprattutto ai nostri piccoli scaccolatori!