Ci vuole davvero un gran coraggio a parlare di oggi di Waterfront e Museo del Mare; e il Sindaco “uscente” Falcomatà, il cui mandato è scaduto lo scorso mese, ci delizia con perle di destrezza da campagna elettorale, che solo un buon allievo della più tragica scuola sinistrorsa può sciorinare. E nel divulgare le più torve affermazioni sul tema, le sue più contraddittorie e disinibite parole si infrangono sul muro di quella verità che è stampata tutti i giorni sulla faccia incredula dei reggini.
Parla di superamento dell’emergenza, della necessità avvertita di concentrarsi sulle contingenze del quotidiano, annullando di fatto una realtà che registra un livello di degrado al quale ci ha assuefatti, degno della peggiore consiliatura di tutti i tempi: la sua.
Qualora non fosse giunta la notizia nelle sacre stanze del potere, fors’anche a causa di un preoccupante ed inquietante silenzio del mainstream cittadino, i reggini affondano dentro le buche sulle strade, nuotano tra un mare di rifiuti, soffrono la sete di acqua in casa e vivono nella totale assenza di vigilanza, controllo e repressione su un territorio che è ormai tornato in mano alla legge del più forte. Parla di divisività il “nostro” Sindaco e ne parla dopo avere letteralmente spaccato in due la nostra comunità sul registro delle colpevolezze, parla di pace dopo avere lanciato granate di responsabilità senza scrupoli di troppa veridicità, accenna a processi di identità ignorandone ontologicamente il significato. Lui che non ha speso una sola parola in questi cinque lunghissimi ed estenuanti anni a difesa di Reggio e dei suoi presidi istituzionali, scippati dai governi “amici”.
Parla di visione prospettica, con l’ardire di chi ha formato una squadra non in grado di gestire nemmeno l’ordinaria amministrazione della Cosa Pubblica. E lo fa oggi, mentre l’aeroporto chiude, il porto si presta a cedere ogni sua velleità turistica e la città precipita in ogni ordine di classifica di vivibilità.
Che la prosopopea utilizzata per annebbiare ancora una volta le menti dei reggini abbia fini propagandistico-elettorali è scritto nella storia di questi signori, fatta di disinteresse, mascherato da slogan e promesse mai mantenute, da passerelle e dichiarazioni programmatiche enfatizzate a vuoto, cui mai è seguito nulla di concreto in termini di miglioramento della vita quotidiana cittadina. Ed eccoci al paradosso vero e proprio, allo sconforto di chi, consapevole di avere azzerato i propri consensi, prova a virare sulle sue posizioni disfattiste e piagnone di tutta intera la sindacatura, per un’improbabile visione strategica, che dire appannata è voler essere indulgenti.
I reggini ricorderanno bene che cinque anni or sono questi signori procedettero ad un de-finanziamento che sancì la sconfitta della speranza di sviluppo per questa città. Il Decreto Reggio rimodulato – e decurtato di parecchi milioni dal Governo “amico” Renzi – per fare fronte alle emergenze, alla situazione già allora catastrofica in cui si trovavano le strade cittadine, dopo due anni di inerzia assoluta di manutenzione durante il festeggiato commissariamento del Comune. Strade che, tuttavia, oggi, a fine sindacatura ed oltre, si ritrovano in condizioni ancor più gravi e di vera e propria pericolosità per l’incolumità pubblica.
Se questo stato pietoso in cui ci sta facendo vivere corrispondesse al suo concetto di “normalità”, ci sarebbe davvero da avere paura, se non fosse che, malgrado l’intempestiva ed inopportuna indizione di concorsi ed assunzioni in capo a Comune e Città Metropolitana (a fine mandato, come nella migliore tradizione di marca PD), la sua disavventura sulla poltrona di Palazzo San Giorgio è, con buona pace di ciascuno, giunta alla sua sfinente conclusione.
Ernesto Siclari
Componente Esecutivo Provinciale
Responsabile Dipartimento Giustizia
Fratelli d’Italia