Il 2019 continua, purtroppo, a caratterizzarsi per essere un vero e proprio annus horribilis in materia di perdite importanti nel mondo dello spettacolo. Da Luke Perry a Nadia Toffa, da Andrea Camilleri a Keith Flint dei Prodigy, sono stati tanti gli artisti di rilievo ai quali, nostro malgrado, siamo stati costretti a dire “addio”. La giornata di oggi, purtroppo, spinge tutti gli appassionati della buona musica a salutare per l’ultima volta l’iconica frontwoman del duo svedese dei Roxette Marie Fredriksson, l’indimenticabile ugola d’oro di successi iconici della band pop-rock scandinava come “It must have been love“, “Listen to your heart” e “Wish I could fly“.
La musica, prima di tutto
La Fredriksson, classe 1958, combatteva da ben 17 anni contro un tumore al cervello che ne aveva limitato le apparizioni pubbliche nell’ultimo triennio, ma che non ha scalfito minimamente la sua passione per la musica e la sua voglia di donare grandi successi ai suoi fan, sia da solista che assieme al suo “partner in crime” nei Roxette, Per Gessle. La band, formatasi nel 1986, ha regalato ad una sempre più ampia fetta di fruitori di buona musica hit di successo come “It must have been love“, datata 1990 ed inserita nella colonna sonora del film “Pretty Woman“; una canzone che, proprio nel 2020 compirà ben 30 anni e che, nonostante le repentine variazioni alle quali stiamo assistendo nell’universo delle sette note, continua ad essere trasmessa nelle radio, segno dell’inossidabilità di alcuni cantanti e gruppi che continuano a dispensare emozioni a giovani e meno giovani.
La voce di Marie Fredriksson, del resto, è una di quelle che arriva dritta al cuore, con delicatezza, e resta lì. Ne sono prova brani come “The look“, “I want you“, “Listen to your heart“. Un’eleganza vocale che non stride però con la grandissima forza di volontà della donna che nel 2002, a seguito di una caduta in casa propria, scopre di avere un tumore al cervello. Proprio del suo male così debilitante e della sua strenua battaglia tra interventi e terapie così aveva parlato la cantante nel 2005: “Sono stati tre anni molto difficili, ma ora non ricevo più cure e sto bene“.
Una battaglia, purtroppo, destinata a concludersi drammaticamente nella scorsa giornata di lunedì, quando Marie Fredriksson ha smesso di soffrire, all’età di 61 anni. Era stata costretta a non calcare i palcoscenici nel 2016, ma non aveva smesso di cantare e di amare la musica neanche un istante. In un’epoca in cui le canzoni sono “consumabili” con una facilità disarmante e nella quale chi manifesta una certa nostalgia per masterpieces come “Last Christmas” (che quest’anno spegne ben 35 candeline) viene etichettato con superficiale idiozia con un “Ok! Boomer“, potrebbe rappresentare una sorta di liberazione sedersi un attimo ed ascoltare dal proprio device una ballad dolce e struggente come “Wish I could fly“, una sorta di epitaffio e di celebrazione alla vita proprio della Fredriksson: “Vorrei poter volare, fuori nel blu su questa città, seguendoti volerei sopra i tetti, i grandi viali provando a scoprire chi sei veramente, chi sei veramente“.