La settimana appena trascorsa ha costretto il variegato universo artistico e culturale a dire addio a due importanti personalità, testimoni di una “meridionalità” che ha contribuito significativamente all’evoluzione educativa e spettacolare di intere generazioni: Andrea Camilleri e Luciano De Crescenzo.
Siciliano il primo, napoletano il secondo, entrambi gli scrittori – la cui immensa versatilità spazia dal cinema al teatro, senza snobbare le produzioni televisive di alto livello – hanno lasciato e continuano a lasciare una ricca ma pesante eredità a tutti coloro che saranno capaci di cogliere la grandezza di questa coppia di autori, accomunati dall’amore per la propria terra, dalla veracità e dalla ricerca a tutti i costi della verità intellettuale, quest’ultima merce sempre più rara nell’era 2.0.
Camilleri
Il primo ad abbandonare questa “valle di lacrime” a 93 anni, dopo un lungo ricovero presso l’Ospedale capitolino “Santo Spirito”, è stato il maestro Camilleri. Famoso soprattutto grazie alla saga letteraria che vede protagonista il Commissario Montalbano (saga trasposta su piccolo schermo sulle reti Rai, con Luca Zingaretti come protagonista) lo scrittore, regista ed attore siciliano realizzò molto più di una raccolta di libri gialli di successo internazionale. Camilleri, creatore di una vera e propria lingua – perfetto mix tra italiano e dialetto siciliano – iniziò la sua carriera di regista teatrale nel lontano 1942, primo a rappresentare il celeberrimo “Finale di partita” di Samuel Beckett sulle scene italiane. Insegnò regia presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica e prestò le sue innate e molteplici competenze alla causa della rete generalista. Il suo sodalizio con la Rai, culminato con la messa in onda del re dello share “Il Commissario Montalbano”, iniziò alla fine degli anni Cinquanta, dopo una fase di stallo dovuta, secondo Camilleri, alla sua “fede” comunista. La politica è stata sempre croce e delizia per l’autore siciliano, che recentemente si è reso protagonista di un’accesa polemica perpetrata contro Matteo Salvini, reo di aver provocato in Camilleri un conato di vomito per aver impugnato un crocifisso. Coriaceo, per nulla intimorito dalla morte o dall’esprimere anche con toni coloriti il suo pensiero, Camilleri sarà ricordato come il Tiresia del Bel Paese. Con l’indovino della mitologia greca condivise la condizione di cecità – che non riuscì ad impedirgli di scrivere, con l’aiuto della fidata assistente Valentina Alferj, “L’altro capo del filo“, con protagonista il celeberrimo Montalbano – e l’infinita saggezza, l’arma vincente per analizzare in maniera critica e minuziosa la nostra società.
De Crescenzo
Amatissimo dalla sua Napoli e dall’intera Nazione è stato anche il “filosofo ingegnere“, quel Luciano De Crescenzo a cui il capoluogo campano ha deciso di dedicare una strada, Vico Belle Donne. Lo scrittore, regista e conduttore televisivo è venuto a mancare presso il Policlinico “Gemelli” di Roma a seguito di una polmonite, un mese prima del suo 91esimo compleanno che si sarebbe celebrato in agosto. De Crescenzo aveva e continua ad avere per tutti un grandissimo merito: aver reso la filosofia una disciplina “accessibile” a tutti, perché capace di raccontarla in una maniera ben lontana dal “classico” canone scolastico, senza annoiare i suoi “allievi” che a Napoli lo hanno “invocato” tra le lacrime. Un “uomo d’amore“, così come è stato definito da padre Giovanni Paoli Bianco, che ne ha celebrato i funerali presso la Basilica di Santa Chiara, iniziò la sua carriera alla fine degli anni Settanta in quel di Milano quando, complice la “benedizione” di Maurizio Costanzo, pubblicò uno dei suoi testi più famosi: “Così parlò Bellavista“. Il tomo, tradotto in diverse lingue, fu lo script perfetto per l’omonimo film del 1984 che vide De Crescenzo cimentarsi nella triplice veste di sceneggiatore, regista e attore. Lavorò con artisti di successo cementificando sodalizi artistici ed umani con la maggior parte di questi professionisti; non è un caso, quindi, che nel corso delle sue esequie personalità come Marisa Laurito e Renzo Arbore abbiano regalato ai presenti un ricordo commosso e veritiero del “filosofo della gente“. “Hai illuminato la mia vita con la tua grande intelligenza, ironia, con un amore mai decaduto con la tua cultura – ha ammesso in lacrime la Laurito – E ricorderò sempre i tuoi occhi. Questa luce ti accompagnerà comunque“.
“Luciano ha rappresentato una pagina straordinaria della Napoli dell’affetto, della Napoli del sorriso“, ha spiegato Renzo Arbore regalando un simpatico aneddoto legato ai tempi della collaborazione tra il cantautore e De Crescenzo nella pellicola “Il pap’occhio” (esordio alla regia di Arbore). Lo scrittore, che amava definirsi “ateo cristiano“, convinse l’intero cast a mettere in pausa le riprese della pellicola per assistere alla cerimonia del miracolo di San Gennaro; giunti nella stessa Basilica in cui si sono tenute le sue esequie, convinse un “comunista” Roberto Benigni ad inginocchiarsi davanti alla statua del santo e, come per incanto, il sangue di San Gennaro contenuto nella teca cominciò a liquefarsi. Divertente, istrionico, poliedrico, Luciano De Crescenzo rifiutò di esporsi politicamente tra le fila di Forza Italia esprimendo successivamente una chiara preferenza politica per Emma Bonino ed il suo partito. Un’ideologia politica che non intaccò minimamente la sua intensa e variegata attività artistica e culturale: eredità perfetta, assieme a quella di Camilleri, per vecchie e nuove generazioni che in questi ultimi giorni, dopo la dipartita dei due grandi maestri della cultura italiana, quella con la “C” maiuscola, sentono mancare un pezzo del loro cuore.