Il mese di luglio appena iniziato si è rivelato piuttosto rovente sotto diversi aspetti. Dal “caso Carola” che ha diviso un’intera Nazione allo scandalo dei bambini plagiati e maltrattati in Emilia Romagna sono state tante le storie che ci hanno indignato, stravolto, fatto arrabbiare, incollato davanti ai piccoli schermi come se fossero opere di finzione di un autore dalla “straordinaria” penna sadica.
Purtroppo si tratta di storie vere, vissute sulla pelle di innocenti, sui quali spicca ancora una volta il giovane Marco Vannini. Il ragazzo, morto in circostanze drammaticamente “anomale” per mano di Antonio Ciontoli (secondo le indagini condotte dagli organi di Giustizia, seppur nel comune cittadino aleggi più di un dubbio sull’identità dell’esecutore materiale del delitto), è stato suo malgrado protagonista nelle serate del 30 giugno e del 2 luglio scorso quando, a “Storie Maledette“, è stato ospite nientemeno che lo stesso Antonio Ciontoli, l’ex militare ed ex suocero del ragazzo, reo confesso di averlo ucciso con una delle sue armi regolarmente detenute a causa di una “leggerezza“.
Disgusto e choc
Titolo dello “special” condotto dalla sempre più discussa Franca Leosini, “Quel colpo che arriva al cuore“: un chiaro riferimento alla causa della morte del giovane Marco, quel proiettile che, come dichiarato dal legale della famiglia Vannini Celestino Gnazi, “Gli aveva bucato i polmoni, gli aveva bucato il cuore, gli aveva bucato una costola e che non era fuoriuscito solo perché trattenuto dall’epidermide” ma che Ciontoli e i suoi familiari, nonché la giovane fidanzata di Federico Ciontoli, Viola, hanno accreditato ai paramedici giunti molto tempo dopo per prestare soccorso al povero ventenne agonizzante come un banale buchino provocato da un pettine. L’intervista-fiume della conduttrice si concentra non solo sulla mera cronaca del drammatico evento, ma soprattutto sullo stato emotivo di Antonio Ciontoli e della sua famiglia, vittime, a detta della conduttrice, di una “gogna mediatica” ai limiti della persecuzione. “Viviamo chiusi in casa, i miei figli vivacchiano, lavoricchiano – dichiara un Ciontoli visibilmente contrito – La mia vita non ha più un senso; sono ben consapevole di quanto male ho fatto ai genitori di Marco, Marina e Valerio, ma anche ai miei familiari, a Viola e ai suoi genitori. Oggi il mio obiettivo più grande è quello di cercare un piccolo spiraglio da parte dei genitori di Marco. Spero che possano avere misericordia e perdono per me. Aspetto un loro segnale“. L’appello del reo confesso del delitto Vannini (che, sempre a favore di telecamere, ha dichiarato che la vita umana vale “un ergastolo“, aggiungendo però che spera in uno sconto di pena, giacché una condanna a cinque anni potrebbe essere, a detta dell’imputato, eccessiva) non tarda ad essere raccolto da Valerio e Marina Vannini, che non nascondono il proprio sdegno di fronte alla scelta, da parte di Franca Leosini, di concedere un’intervista, tanto shoccante quanto probabilmente di pessimo gusto, ad un indagato sotto processo a sentenza non ancora definitiva.
“Si permette di dire che Marco era come un figlio per lui, ma per un suo figlio avrebbe aspettato tanto ad andare in ospedale?” si chiede Marina Vannini, che da oltre quattro anni chiede a gran voce verità e giustizia per il suo unico figlio. “Quest’uomo, che fino a poco fa si lamentava dei giornalisti, da un po’ di tempo ha molta voglia di parlare con un vittimismo indecente – incalza la donna – Mi chiedo: perché due puntate in prima serata? Perché non aspettare la sentenza definitiva come si è sempre fatto per gli altri casi?“. Alle domande legittime di Marina Vannini fanno eco le fortissime dichiarazioni del legale della famiglia, Celestino Gnazi, che non ha nascosto un pesante disappunto per la scelta, da parte della Rai e della Leosini, di concedere spazio a presunte inesattezze e vittimismi del Ciontoli. “Non ho sentito la Leosini sobbalzare o quantomeno dire qualcosa, fare una domanda, un accenno di sorpresa, non so. Disgustato, ho spento il televisore e, per la prima volta dall’inizio di questa tragica vicenda, ho pianto di rabbia. Ho la nausea, non credo di aver mai provato una nausea così forte. Talmente forte da impedirmi di dire tutto quello che penso“.
Inesattezze e proteste
Una nausea, quella dell’avvocato Gnazi, condivisa da una buona fetta dei telespettatori che ha scelto di non guardare in massa lo speciale in due puntate di “Storie Maledette“, talk abituato a shoccare i suoi fedelissimi followers con interviste al limite del buongusto e del buonsenso. Prima del Ciontoli, infatti, la Leosini – “vittima” di meme satirici per la sua ridondante retorica, in questo caso accantonata a favore di un “botta e risposta” più asciutto e, forse, più accondiscendente – aveva concesso a Sabrina Misseri e Cosima Serrano di svelare la propria “verità” su un altro efferato delitto, quello di Sarah Scazzi.
In quell’occasione, però, gli ascolti avevano premiato la anchorwoman della cronaca nera; cosa, invece, non ha funzionato in termini di share nella intervista esclusiva ad Antonio Ciontoli? Potremmo imputare il calo di ascolti sia ad un diverso atteggiamento della Leosini (che ha puntato il dito contro i suoi colleghi per l’assedio mediatico alla famiglia Ciontoli), sia ad una serie di inesattezze e presunte “castronerie” dichiarate non solo dall’assassino di Marco, ma anche dalla stessa conduttrice. Marina e Valerio Vannini, in particolare, accusano il Ciontoli di aver restituito un’immagine del proprio figlio ben diversa da quella reale. “Era come un figlio, con lui avevo rapporti intimi“, ha dichiarato l’ex militare Ciontoli sottolineando come Marco non avesse alcuna inibizione a farsi vedere nudo da lui, nonostante i suoi familiari abbiano sempre sottolineato il pudore del giovane Vannini. “Vogliono far passare mio figlio per una persona diversa da quella che era e così offendono lui e la nostra famiglia – questo lo sfogo comprensibile di mamma Marina – e tutto questo perché una volta Ciontoli accompagnò mio figlio a una visita medica militare; mica i dottori fanno assistere gli estranei!“.
Altra pesante incomprensione è scaturita proprio da un’esternazione di Franca Leosini parlando del ruolo decisivo dei paramedici del 118 intervenuti per prestare i primi soccorsi a Marco Vannini nel corso di quella maledetta notte del 17 maggio 2015. Giulio Golia, inviato de “Le Iene“, riuscì qualche mese fa ad intervistare i due paramedici che prestarono le prime cure a Marco all’interno dell’abitazione dei Ciontoli e che pensavano di trovarsi di fronte un ragazzo sì ferito, ma con un pettine ed affetto più da un attacco di panico che da uno choc a seguito di un colpo di arma da fuoco. “C’erano delle incongruenze tra quello che mi diceva il signor Ciontoli e quello che io vedevo del ragazzo“, ha sostenuto l’infermiera intervenuta a Ladispoli ripercorrendo, in TV come nelle aule di Tribunale, tutte le fasi cruciali che hanno condotto al decesso prematuro di Marco. Come oramai sappiamo, il Ciontoli confessò il misfatto solo al Pit chiedendo al medico che aveva in cura il ragazzo di occultare il presunto “incidente”, pena la perdita del lavoro. L’uomo mentì consapevolmente, eppure la padrona di casa di “Storie Maledette” non ha mancato di rilasciare una dichiarazione al vetriolo che ha fatto adirare non poco la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi). “L’ambulanza arriva soltanto con l’infermiera e l’autista, senza carattere di emergenza. Quest’infermiera non era qualificata per rendersi conto delle condizioni di Marco. Era un’infermiera, non un medico. Non aveva un titolo sufficiente per capire che il ragazzo non era stato ferito da una punta di pettine“, ha deliberato la Leosini nel corso della prima puntata dello speciale dedicato al Ciontoli, scatenando le reazioni contrariate di un’intera categoria professionale, troppo presto bistrattata e trattata con sufficienza. “Ancora una volta la questione ambulanze senza medico a bordo, ancora una volta i media stropicciano la dignità che una professione ha acquisito con gli anni, con la ricerca, con lo studio, con le evidenze, con la formazione continua e con delle leggi dello Stato. Ancora una volta la televisione che getta fango sugli infermieri” commenta in un pezzo datato 1° luglio il Vicedirettore del portale Nurse24.it Sara Di Santo.
Infermieri impreparati, gogna mediatica, vittimismo esagerato: ancora una volta ci troviamo di fronte all’ennesimo ibrido di “Trash TV” che incontra la cronaca nuda e cruda, quella spesso riportata da contenitori come “Chi l’ha visto?” o “Quarto Grado”. Il risultato di questo speciale è piuttosto straniante e divide le coscienze, provocando in chiunque abbia deciso di guardarlo un fortissimo colpo al cuore, non paragonabile però a quello che ha ucciso il povero Marco Vannini. L’audience è soddisfatta; i social sono inondati di post che hanno reso la Leosini e la sua trasmissione un vero e proprio trend topic. In tutto questo tripudio di “sudore e lacrime”, però, una domanda rimbomba nella testa dello spettatore: la verità, quella che la famiglia Vannini agogna da oltre 4 anni e merita, dov’è?