Una deturpazione fisica non può essere causa dell’infelicità: quando la politica riuscirà a leggere con il cuore quello che si ostina a non vedere, capirà che esiste una parte del nostro mondo e della nostra città costretta a vivere nel più schifoso silenzio senza poter essere partecipe e vivere liberamente a causa di barriere architettoniche e mentali, ormai fuori tempo massimo.
Il mio pensiero di oggi si potrebbe incastrare a perfezione in un programma a più ampio spettro, come lo è una proposta di città fatta d’idee che un partito politico o una coalizione dovrebbe mettere al centro della sua operatività presente o futura. Proprio per questo, il mio approccio all’argomento è volutamente trasversale ed integrato proprio per sottolineare che questo ragionamento non riguarda un unico aspetto, ma si interseca e si completa con molti altri del vivere la città ed il territorio. Infatti, non si parla più di semplice strumento per superare le barriere architettoniche, cosa a me molto cara ma mai trattata con la dovuta attenzione, ma di un mezzo per la rigenerazione urbana di questa nostra città che deve per forza rinascere con al centro questo tema che è segno di civiltà.
L’intento del mio scrivere, infatti, è anche quello di aprire uno spazio di riflessione aperto e spero condiviso da molti, come le professioni tecniche degli ordini professionali, architetti, ingegneri e geometri, protagonisti in prima persona della progettazione che deve (ri)mettere al centro di una civile città questa lacuna con la stessa attenzione che si presta oggi a tante altre problematiche. Con l’inizio dell’estate, e volendo fare di Reggio Calabria una città turistica come unica e sola vocazione per il nostro territorio, arriva il tempo delle vacanze e i viaggi, ma la nostra città oggi è priva anche del cosiddetto turismo da riporto, cioè quei figli della nostra terra che lavorano fuori e che anche loro timbrano il cartellino di “assenti”. La città che immagino come idea dovrebbe aprire un domani le porte a milioni di turisti provenienti da tutto il mondo promettendo loro storia, fascino e bellezza. Ma è qui che scatta l’allarme succo della mia riflessione, che sarà moderna e al passo coi tempi solo se si fa trovare pronta e funzionale a tutti. Scoprire, visitare, ma soprattutto vivere Reggio Calabria può essere un problema per chi quotidianamente deve confrontarsi con la disabilità, tra ostacoli, imprevisti e barriere architettoniche tastando il suo livello di accessibilità.
Ecco che, così facendo, emergerebbe un quadro disastroso di una città che non garantisce l’accesso a edifici e monumenti antichi costruiti in tempi in cui il problema dell’handicap non era oggetto di attenzione da parte di artisti e architetti, ma è tempo finalmente di prendere atto che oggi i tempi sono cambiati e le città civili si sono già da tempo attrezzate per sopperire alle vecchie mancanze con ausili nuovi. La nostra tanto sbandierata città civile oggi non favorisce il minimo supporto ai movimenti delle carrozzelle, che spesso s’intoppano nelle numerose buche della pavimentazione, sconnessa in tantissimi punti perfino nel centro storico che dovrebbe essere il fiore all’occhiello di una città turistica ed evoluta. Dettagli insignificanti e quasi invisibili per molti, ma non per chi la vive in modo diverso da noi, argini insormontabili si presentano alle persone con disabilità, costrette ad improbabili zig zag tra le spaccature delle strade e le macchine che invadono marciapiedi degradati e utilizzati come parcheggi togliendo anche quel minimo indispensabile per chi non può ormai che starsene, per questo, segregato in casa.
Inoltre, le associazioni di disabili segnalano l’inadeguatezza della maggioranza delle strutture alberghiere, compresi gli hotel più lussuosi. In alcune delle meravigliose chiese, che tanto sono pubblicizzate nella nostra Reggio, per esempio, vi sono bellezze che per i disabili restano visibili solo da fuori perché mancano rampe di accesso e strutture adeguate. Mi domando: Che cosa accadrebbe se, d’improvviso, il nostro punto di vista dovesse ribaltarsi? Se ci trovassimo a vivere un’esperienza in cui tutti i nostri riferimenti, improvvisamente, si rovesciassero? Se il nostro modo stesso di vivere potesse, guardandosi dentro uno specchio, vedersi in maniera diversa? Il fatto è che non siamo pronti a una situazione così tremendamente autentica perché vestire i panni degli altri non è un’esperienza facile, ancor meno se si tratta di altri per cui è complicato persino compiere i gesti di una quotidianità solo apparentemente uguale alla nostra. Bisogna fare di Reggio una città quantomeno “normale”. Quindi, il primo dei compiti che spetta a questa becera politica locale è forse la sfida più ardua da affrontare.
Un cittadino indignato
Gattuso Maurizio Domenico