“Sono un pò presuntuoso, ma giovanilmente impaziente“. Si descriveva così, nel corso di un’intervista rilasciata all’Ansa, Franco Zeffirelli, uno dei grandi nomi dell’Olimpo della cinematografia italiana ed internazionale, morto oggi all’età di 93 anni dopo una lunga malattia. Il regista, divenuto famoso nel mondo grazie al suo spiccato gusto estetico e alla preferenza per le narrazioni melodrammatiche, si è spento nella sua dimora romana, circondato dall’affetto dei suoi adorati figli adottivi, dopo una lunghissima malattia.
Genio “discusso”
Nato a Firenze nel lontano 1923 con il lunghissimo nome di Gian Franco Corsi Zeffirelli, il cineasta si avvicinò all’ambiente artistico e culturale dapprima come scenografo (sotto la regia di Luchino Visconti) e poi, nei primi anni Cinquanta, come aiuto regista al fianco di Francesco Rosi. Incontri fortunati, che fornirono ulteriore linfa all’ascesa del fiorentino, la cui tendenza minuziosa a lavorare sul comparto visivo delle sue opere non l’ha, tuttavia, messo a riparo da pungenti critiche.
Esempio eclatante di questa “ambivalenza” nel lavoro di Zeffirelli è senza ombra di dubbio lo sceneggiato televisivo “Gesù di Nazareth“, complessa (per l’epoca) produzione tv internazionale del 1977 divisa in cinque puntate. Un lavoro a dir poco magistrale per la cura quasi maniacale sulle scenografie, per il ricorso a numerosissime comparse (famose) e per l’attenzione ai costumi che rasenta quasi il “pittorico”, ma che non riesce a centrare l’obiettivo tanto desiderato dal regista: “umanizzare” il Messia. Un’attenzione al dettaglio, dunque, che rappresenta il punto forte della produzione filmica di Zeffirelli ma che, al contempo, si configura anche come limite talvolta significativo per far gridare al “capolavoro” dopo aver visionato alcune delle pellicole più importante del poliedrico artista italiano. Opere che, però, hanno spesso incantato addetti ai lavori e platea, probabilmente grazie soprattutto all’accuratezza nella scelta del cast attoriale, come avvenne per esempio nella trasposizione filmica di “Romeo e Giulietta” (1968). La pellicola, fedele in tutto e per tutto alla celeberrima opera shaekesperiana, colpì la platea soprattutto per due motivi: la bellezza acerba dei due protagonisti (gli allora adolescenti Leonard Whiting e Olivia Hussey, scelti tra numerosissimi candidati ai casting) e la – per i tempi – scandalosa scena di nudo tra i due giovani interpreti, che costò al regista italiano qualche “grattacapo” con la censura internazionale.
Il tributo a Firenze
Anticonvenzionale ma mai banale, dunque: è l’approccio alla Settima Arte di Franco Zeffirelli, che viveva al medesimo modo la sua esistenza fatta di passioni “viscerali”, come quelle per la sua squadra del cuore, la Fiorentina. “Mai stare senza sciarpa viola quando gioca la Fiorentina e mai stare senza bandiere viola“, aveva dichiarato il regista in una passata intervista, non celando mai una certa vena anti-juventina, che spesso esplodeva in esternazioni talvolta discutibili: “Giustifico i tifosi della curva quando contano i morti dell’Heysel. La Juventus si è dovuta arrampicare su quei cadaveri per vincere una Coppa dei Campioni“, dichiarò Zeffirelli, la cui rivalità calcistica con Gianni Agnelli è tutt’ora ritenuta una pagina piuttosto importante della storia della tifoseria italiana. Ed è proprio la città di Firenze ad omaggiare per prima il grande regista. Il tweet del sindaco Dario Nardella è l’espressione del cordoglio di un’intera comunità che ama, contraccambiata, Franco Zeffirelli. “Non avrei mai voluto che arrivasse questo giorno. Franco #Zeffirelli se ne è andato questa mattina. Uno dei più grandi uomini della cultura mondiale. Ci uniamo al dolore dei suoi cari. Addio caro Maestro, Firenze non ti dimenticherà mai“.