Nel bene e nel male, purché se ne parli. Un detto popolare che è servito spesso come giustificazione di ogni dibattito, anche il più futile, attorno a qualsivoglia argomento che susciti anche un minimo interesse nell’opinione pubblica. Con l’avvento dei social network, fatti e personaggi acquistano rapidamente una popolarità mediatica: è la rivincita dell’uomo qualunque, al quale basta una foto, un tweet, un clic al momento giusto per diventare finalmente “qualcuno”, con tutti i pro ed i contro che questo passaggio comporta.
Da Chiara Ferragni a Barack Obama, da Giulia De Lellis a Meghan Markle: poco importa quale sia il contributo che si fornisce alla società, l’essenziale è apparire, esprimere il concetto giusto, vestire nel modo giusto, sposare la persona o la causa giusta.
Cosa definisce, però, cos’è realmente giusto? Nelle scorse 24 ore è avvenuto nel mondo un cambiamento, per così dire, epocale. Tutto merito di una sedicenne che porta le trecce come Anna dai capelli rossi ed indossa un impermeabile giallo come il sole. Non c’è bisogno di aggiungere altri dettagli per capire di chi stiamo parlando: Greta Thunberg, la star del momento, forse suo malgrado.

Chi è Greta Thunberg

Classe 2003, Greta Thunberg è definita da Wikipediaattivista svedese per lo sviluppo sostenibile e contro il cambiamento climatico“. Niente male per una ragazzina appena sedicenne essere citata dalla più conosciuta enciclopedia libera del web, considerando che la sua protesta, atta a far spalancare gli occhi ai politici sui disastri ambientali che stanno imperversando sul mondo (tutti o quasi causati dal comportamento scellerato di noi esseri umani), era cominciata in sordina, silenziosamente e, soprattutto, praticamente in solitaria.
Era il 20 agosto dell’anno scorso quando la giovanissima attivista, vegana per amore di Madre Natura e in un certo senso figlia d’arte (sua madre è la cantante d’opera ed ex concorrente dell’Eurovision Song Contest 2009 Malena Ernman; suo padre invece è l’attore Svante Thunberg), cominciò a marinare la scuola fino alle elezioni legislative che si svolsero lo scorso 9 settembre in Svezia. Il motivo? Presto spiegato: alla studentessa stava a cuore la sorte del Pianeta Terra, fin troppo afflitto dalle disastrose conseguenze che il cambiamento climatico sta infliggendo al nostro ecosistema. Il resto è storia, una storia che ha travolto la svedese come uno tsunami in pieno volto: il discorso della piccola Greta in Polonia, nel corso del COP24 (vertice delle Nazioni Unite dedicato ai cambiamenti climatici), le innumerevoli campagne di sensibilizzazione sfociate nella manifestazione internazionale svoltasi ieri e una dilagante ma ingestibile popolarità.

La malattia e le polemiche

Quando una persona “qualunque”, specialmente così giovane, diventa famosa deve purtroppo essere pronta anche alle critiche. La più sciocca, che dobbiamo riportare per dover di cronaca, coinvolge la nostra Rita Pavone, che si è soffermata sull’aspetto “inquietante” della ragazzina – sguardo assente, treccine anacronistiche considerando il look delle sedicenni di oggi – salvo poi tornare sui suoi passi per scusarsi dopo essere venuta a conoscenza del reale stato di salute della teenager.
Greta, infatti, è affetta dalla Sindrome di Asperger, una patologia imparentata con l’autismo che si manifesta con schemi di comportamento ripetitivi, interazioni sociali compromesse e un interesse limitato ad alcune tematiche. Tanto è bastato per scagliarsi addosso a chiunque osasse, anche solo indirettamente, esprimere un parere avverso alle battaglie, alla figura o alle parole della piccola.
Greta è contemporaneamente simbolo del femminismo consapevole e “strumentodi un’agenda dettata da forzeocculte“. Così come Stefano Cucchi, Asia Argento, Luca Traini ed altri personaggi che hanno vissuto alterne fortune (e che grazie ad esse sono balzate agli onori della cronaca), Greta si è rapidamente trasformata da “persona” a “personalità” al pari di qualunque influencer che siamo abituati a criticare oppure osannare.
La sua ascesa non poteva non coincidere con la richiesta, da parte di politici e gente comune, di candidare la giovane studentessa al prossimo Nobel per la Pace. Un gesto davvero encomiabile ma forse prematuro, anche perché purtroppo in questo nostro mondo malato di pace pare non esserci neanche l’ombra.
Aleggia, inoltre, un dubbio insistente circa le reali intenzioni della ragazza. Greta è sinceramente interessata al problema climatico; è possibile, però, che la sedicenne sia “manovrata” da persone più adulte e più interessate al marketing che ruota attorno alla sua battaglia piuttosto che alla battaglia stessa? Il giornalista d’inchiesta svedese Andreas Henriksson ha scoperchiato lo scomodo “vaso di Pandora” svelando che dietro alla campagna ambientalista di Greta Thunberg ruoterebbero interessi tutt’altro che nobili. Potrebbe in tal senso, ad esempio, far storcere il naso il tempismo con il quale i famosi genitori della teenager abbiano deciso di far pubblicare il proprio libro, scritto assieme a Greta e alla sorella, nel quale spiegano il proprio modo di far guerra ai cambiamenti climatici. Altra personalità ambigua che pare ruotare attorno alla figura pulita della sedicenne Greta è tale Ingmar Rentzhog, un nome pressoché sconosciuto in Italia ma noto in Svezia per essere un valido PR e creatore della start-up “We do not have a time“, decollata proprio grazie alla campagna promossa dalla ragazzina.

Favole o realtà?

La presenza di interessi altri, le mani del potere addosso alla giovane Greta, le strategie becere di marketing: tanto è bastato per insinuare in una buona fetta di popolazione mondiale un ragionevole dubbio. Persino nel nostro Paese, uno dei primi ad elogiare la Thunberg per il suo incessante impegno profuso a difesa dell’ecosistema terrestre, intellettuali, giornalisti, opinionisti, studenti si sono divisi in due fazioni. Gli inguaribili ottimisti innalzano Greta Thunberg ad esempio per le generazioni future, invitando i suoi coetanei a combattere per i propri ideali così come sta facendo la sedicenne svedese; gli altri, i cosiddetti “detrattori”, “complottisti“, “invidiosi”, argomentano la propria opinione in maniera tutt’altro che benevola.
Antonio Grizzuti, firmando il suo pezzo sul quotidiano “La Verità” pubblicato lo scorso 1 marzo, così si esprimeva su Greta Thunberg e sulla sua vicinanza al sopracitato PR svedese: “Certo, la favola dell’adolescente coraggiosa e dei «giovani che vogliono cambiare il mondo» è molto più rassicurante. Ma è altrettanto singolare che nell’epoca del fact checking, quasi nessuno si chieda cosa muova un fenomeno mediatico così prorompente”. Sempre su “La Verità” ha fatto eco al pezzo di Grizzuti l’analisi di Francesco Bonazzi sulla manifestazione internazionale di venerdì 15: “I giornali di ieri erano davvero una melassa imperdibile. Ma non innocente. “Repubblica” schierava l’ormai insostenibile Greta, svedesina di 16 anni che sembra la prosecuzione di Manu Chao con altre trecce, nella stessa doppia pagina in cui campeggiava una pubblicità di Dolce e Gabbana, in cui due ragazzi in mutande (non dello stesso sesso, la notizia è questa) si preparavano a surriscaldare il clima della loro stanza“. Un contrasto stridente così come quello proposto dalla nostra stampa, spesso schierata talmente tanto da non riuscire ad essere oggettiva neanche quando si parla della disastrosa uscita dell’Inter di Spalletti dalle competizioni europee.
Il risultato di tale guerra mediatica, dove ognuno sente il diritto ed il dovere (non richiesto, per carità) di dire e scrivere tutto quello che gli passa per la testa, è che nessuno si ricorda realmente in nome di cosa Greta abbia intrapreso questa battaglia. Cosa rimane della strabiliante manifestazione di ieri? Solo un’orda di giovanissimi che si è “rotta i polmoni” di vivere in una situazione climatica in bilico, della quale però forse poco o nulla conoscono giacché sono troppo intenti a sfrecciare su motorini ed automobili per il centro cittadino e contemporaneamente troppo arrabbiati con quella società moderna che ha fornito loro tutti i mezzi possibili ed inimmaginabili per esprimere il proprio giudizio, mentre distrattamente abbandonano i propri rifiuti in spiaggia o mal effettuano la raccolta differenziata in casa propria. Tutto il resto è storia (o noia?) incarnata in una ragazzina di 16 anni, diventata suo malgrado capro espiatorio per concedere al prossimo il lusso di dar forma al proprio dissenso.

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