Sembrano non essere passati sette anni dalla tanto inaspettata, quanto tragica, fine del grande cantautore bolognese Lucio Dalla. L’artista che ha contribuito a rendere famosa la canzone italiana nel mondo si spense in una soleggiata mattina a Montreux il primo marzo 2012, a pochissimi giorni da quel celeberrimo 4 marzo, giorno del suo compleanno, che divenne anche titolo di una delle sue più famose canzoni: “4/3/1943“.
Oggi, in questa storica data, il grande Lucio avrebbe compiuto 76 anni e continuato di certo a regalare a vecchie e nuove generazioni altri successi indimenticabili. Già, perché il modo migliore per raccontare al popolo dei millenials – troppo preso da social network, trap music e selfie – chi era e cosa ha rappresentato per l’universo delle sette note italiane Lucio Dalla è senza dubbio quello di far loro conoscere la sua musica.
Nato in quella Bologna che si prepara a celebrarne il mito nel giorno del suo compleanno, Lucio Dalla fu talento curioso e all’avanguardia. La sua formazione musicale non può, dunque, che cominciare dalle note del jazz, stile caratterizzato dall’improvvisazione e dal brio. Polistrumentista affermato, Dalla si cimentò in diversi generi artistici collaborando con grandi nomi della musica nazionale ed internazionale e regalandoci un’immensa prova di generosità nel corso dell’ultimo Festival sanremese al quale prese parte, nel lontano 2012. Nel corso di quella edizione il grande artista prestò tutta la sua esperienza al servizio del giovane Pierdavide Carone, uno dei suoi ultimi “discepoli” insieme al quale compose “Nanì“, struggente ballad che raccontava dell’amore di un adolescente per una prostituta. La canzone arrivò solo (immeritatamente) quinta, ma conquistò orecchie e cuore del pubblico anche grazie all’umiltà di Lucio, che si “reinventò” direttore d’orchestra cedendo il palco al ragazzo romano emerso grazie ad “Amici”. “Dimmi perché mi hai chiesto di andar via quando ti ho detto vieni via con me“, intonavano Dalla e Carone sul palco dell’Ariston, abbracciando idealmente il pubblico in sala e quello televisivo, che non hanno mai smesso di applaudire alla performance di questo fantastico duo.
Nanì” fu solo l’ultimo dei grandi successi realizzati da Lucio Dalla, che vanta la pubblicazione di ben 54 album e la collaborazione, nonché il lancio, di importanti nomi della musica italiana, dagli Stadio a Ron, passando per Samuele Bersani. Sono numerosissimi, infatti, i singoli di successo pubblicati da Dalla a partire dai suoi esordi nella discografia nel corso dei “ruggenti” anni Sessanta. Impossibile citarli tutti, ma vi sono almeno sei hit che vale la pena conoscere e, soprattutto, far conoscere alle nuove generazioni.

Piazza Grande

E se non ci sarà più gente come me, voglio morire in Piazza Grande… Tra i gatti che non han padrone come me, attorno a me” . Era il 1972 quando Dalla incantò la platea dell’Ariston con “Piazza Grande“, scritta dallo stesso artista bolognese ad otto mani con Gianfranco Baldazzi, Sergio Baldotti ed il suo collega e grande amico Ron (che per Dalla scrisse anche la divertentissima “Attenti al lupo” nel 1990). Il brano, che ricorda fortemente la canzone della performer portoghese Amália Rodrigues, è un tributo alla città di Bologna vista e vissuta con gli occhi di un clochard, anche se rimase a lungo aperta la diatriba sulla “Piazza Grande” alla quale il brano fa riferimento (per il compianto cantante si tratterebbe di Piazza Maggiore, mentre per Baldazzi è chiaro il riferimento a Piazza Cavour, luogo dove Dalla visse da giovane).

L’anno che verrà

“L’anno che sta arrivando tra un anno passerà io mi sto preparando, è questa la novità“. La maggior parte di noi collega automaticamente “L’anno che verrà” al Capodanno e la intona proprio come augurio per 365 giorni ricchi di gioia e prosperità. Il brano, datato 1978, fu scritto solo ed esclusivamente da Lucio e fu riproposto anche in versione duetto con il grande amico Francesco De Gregori. Inserito nell’ottavo album dell’artista (“Lucio Dalla”) del 1979, è considerato universalmente uno dei più meravigliosi messaggi di speranza trasposti in canzone. Lo stesso cantautore ammise in una intervista: “Ho fatto una canzone tutto fuorché pessimista; non ci sono miracoli, l’unico che possiamo fare è quello su di noi, essere sempre funzionanti, non vedere sempre il nero, il terribile”.

Vita

Vita in te ci credo, le nebbie si diradano e oramai ti vedo, non è stato facile uscire da un passato che mi ha lavato l’anima, fino quasi a renderla un pò sdrucita“. La partnership ottimamente riuscita da due giganti della musica tricolore – Dalla e Gianni Morandi – sfociò nella pubblicazione dell’album del 1988 “Dalla/Morandi” grazie al quale il grande pubblico ebbe il piacere di lasciarsi “accarezzare l’anima” da “Vita“, una delle canzoni più intense della vastissima produzione discografica del cantante. Il brano, scritto da Mogol e Mario Lavezzi, fu originariamente proposto a Mina, che lo rifiutò; rimaneggiato per Lucio, “Vita” segnò il rilancio della carriera di Morandi, che aveva vissuto nel corso degli anni Settanta e Ottanta un periodo di stallo.

Caruso

Guardò negli occhi la ragazza, quelli occhi verdi come il mare. Poi all’improvviso uscì una lacrima e lui credette di affogare“. Non una canzone, ma LA canzone. “Caruso” (1986) è senza dubbio uno dei masterpieces di Lucio Dalla, che spiegò con naturalezza la genesi del brano, vantante il più alto numero di cover nella storia della musica italiana e che rappresenta, sotto diversi aspetti, un omaggio alla musica partenopea. La canzone, scritta da Dalla, racconta della passione del celebre tenore Enrico Caruso per una giovane alla quale dava lezioni di canto, poco prima della morte dell’artista. Location di questo bruciante amore, un hotel che affacciava sul meraviglioso Golfo di Sorrento dove soggiornò, ironia della sorte, anche lo stesso Dalla; furono proprio i gestori dell’albergo a raccontare al cantante questo aneddoto.

Canzone

Ho un materasso di parole scritte apposta per te e ti direi spegni la luce, che il cielo c’è“. Una lovesong pop scritta con Samuele Bersani (pare che il brano fosse una dedica del “pupillo” di Dalla ad una sua vecchia fiamma), con un videoclip accattivante girato a Napoli fanno di “Canzone” (1996) una delle hit contemporanee più amate di Lucio Dalla. La presenza nel video promozionale del cantante è garantita solo dalla presenza di mini-televisori tenuti in mano dalle comparse, le gente comune che Lucio tanto amava, vera protagonista del videoclip.

4/3/1943

E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù bambino“. D’accordo, sono innumerevoli le opere del compianto Lucio da dover ricordare, ma non potevamo non chiudere in bellezza questa “mini-enciclopedia” della musica di Dalla con una delle ballad più rappresentative della carriera del cantautore, chiara dimostrazione di come arte e vita si intreccino, inesorabilmente, riuscendo a produrre opere di notevole pregio.
Presentata a Sanremo nel 1971, la canzone, scritta da Dalla insieme a Paola Pallottino, fu portata sul palco dell’Ariston da Dalla in coppia con l’Equipe 84, classificandosi terza e diventando hit rivelazione di quegli anni. La canzone, che originariamente si intitolava “Gesù bambino“, fu oggetto di diversi rimaneggiamenti a causa del forte scalpore che suscitò all’epoca. La storia narrata nel brano è quella di una ragazza madre che mette al mondo suo figlio, avuto con un soldato alleato. La canzone è una sorta di omaggio all’infanzia di Dalla, che perse suo padre in tenera età a causa di un tumore.

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