Le principali testate dell’Uruguay pubblicano la decisione, adottata l’altro ieri dal giudice specializzato in crimine organizzato, di accogliere la richiesta di estradizione, promossa dalla Procura Generale di Reggio Calabria, concernente il connazionale Rocco MORABITO, 51enne di Africo (RC), pluripregiudicato, la cui consegna poteva essere problematica in quanto la Procura uruguaiana aveva eccepito la contumacia nel processo italiano. MORABITO è ritenuto elemento di vertice della omonima articolazione territoriale della ‘ndrangheta operante prevalentemente nell’area jonica reggina e con ramificazioni in ambito nazionale ed internazionale, latitante di massima pericolosità – inserito nel programma speciale di ricerca – irreperibile dall’ottobre 1994 poiché sottrattosi ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
MORABITO è destinatario, peraltro, anche di un ordine di carcerazione emesso il 13.08.2008 dalla Procura Generale della Repubblica di Reggio Calabria, poiché condannato alla pena della reclusione di 30 anni per i reati di associazione di tipo mafioso e traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
L’uomo era stato localizzato e tratto in arresto il 3 settembre 2017, in Punta del Este, dalla polizia locale. L’individuazione è scaturita dall’attività di ricerca che la locale polizia aveva avviato sulla scorta della stretta collaborazione info-investigativa intrapresa dai Carabinieri del Gruppo di Locri con la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga. Le ricerche, svolte in Italia, sotto la costante direzione della Direzione Distrettuale Antimafia reggina, sono state progressivamente estese all’Uruguay, alla cui polizia i Carabinieri di Locri fornirono gli elementi utili all’identificazione.
Nella notte si arrivò all’individuazione del MORABITO in un noto albergo della zona. Gli agenti lo sorpresero mentre era insieme alla compagna, angolana con passaporto portoghese, e in camera trovarono falsi documenti, numerosi telefoni cellulari ed una pistola. In quella circostanza MORABITO – che non accennò alcuna reazione, né oppose resistenza – ha continuato a professare l’identità corrispondente ai documenti in possesso, ma la comparazione dei rilievi dattiloscopici consentì la sua definitiva identificazione, ponendo così fine a ventitré anni di latitanza.