Due diversi punti di vista per raccontare lo scorrere inesorabile del tempo: disperato l’uno, più vitale ed esplorativo l’altro. Alla terza serata, la rassegna cinematografica “Visioni di cinema indipendente” (che si svolge dall’8 all’11 maggio), promossa dal circolo del cinema “Cesare Zavattini” di Reggio Calabria, ha visto l’incontro tra i registi Franco Piavoli e Luca Ferri, ai quali è dedicata un’ampia retrospettiva per questa quinta edizione dell’evento. Il faccia a faccia con il pubblico è avvenuto il 10 maggio alla residenza universitaria della città dello Stretto, protagonisti i due filmaker con Giulio Sangiorgio, direttore del settimanale “Film tv“, a fare da moderatore; sono stati inoltre proiettati due cortometraggi di Ferri e Piavoli, “Colombi” (presentato anche all’ultimo Festival di Venezia nella sezione “Orizzonti”) e “Festa“, entrambi del 2016.
L’opera di Ferri (che ha tra l’altro omaggiato Piavoli nel film “Habitat (Piavoli)”), della durata di 20 minuti, si è rivelata un curioso esperimento visivo, affascinante ma a tratti autocompiaciuto, che condensa in poche scene tutto il Novecento raccontando la storia d’amore tra due anziani, troppo sensibili o poco estroversi, che gradualmente si isolano dal mondo per poi morire dimenticati da tutti. A prima vista, la pellicola può sembrare ostica ed anche deprimente: ma riesce a narrare bene il fluire del tempo che viene a poco poco soffocato, come è effettivamente accaduto nel XX secolo, dal progresso fatto intuire come una forza all’apparenza benefica, ma che viaggia così rapidamente da schiacciare chi rimane indietro e resta ancora attaccato alla semplicità e alla bellezza della vita vera. Girato in bianco e nero e a colori, il film di Ferri forse non emoziona molto, ma invita a riflettere sulla cultura di massa, che opprime ed esclude chi non ci sta, e a fare i conti con il passato individuale: tramite inquadrature a macchina fissa, glaciali e senza scampo, la relazione ottantennale tra i signori Colombi (il cui cognome dà il titolo al film), fredda, cupa, senza speranza, ma al tempo stesso dirompente, diventa la metafora di una società che ha perso ormai qualsiasi punto di riferimento e il senso stesso del passato; la voce fuori campo, impassibile e quasi metallica, esplica molto bene questo concetto.
Il cinema di Franco Piavoli
Quello di Franco Piavoli, regista e documentarista famoso a livello internazionale, può essere considerato un cinema “dell’eternità” più che dello scorrere del tempo: una continua ed instancabile esplorazione del rapporto dell’uomo con la natura che lo circonda, e più in generale con il mondo. Sin dal suo primo film del 1982, “Il pianeta azzurro” (qui una clip), Piavoli si è sempre fatto portavoce di un cinema documentarista che usa il montaggio per creare sensazioni pure; la sua poetica è catturare la realtà per restituirne sì un’immagine nuda e cruda, ma sempre attraverso la visione interpretativa dell’autore che filma i dettagli più sinceri (quelli che normalmente non vengono notati da nessuno) i quali rivelano, meglio di ogni altra cosa, i rapporti interpersonali. Il film “Festa“, proiettato alla rassegna, è un’altro film di Piavoli girato in digitale, formato che il regista usa ormai abitualmente da qualche anno; descrivendo una festa paesana dall’alba al tramonto nell’arco di una giornata, assistiamo ad una girandola di vita in un piccolo centro, tra messe, balli e corteggiamenti giovanili, che sembra la descrizione antropologica di un rituale collettivo. Ma nel film non c’è solo questo: ci sono tanti sensi ed emozioni, al punto da fare a meno di una trama (che tra l’altro manca in qualsiasi pellicola di Piavoli). Attraverso l’inevitabile messinscena che però lascia poi spazio alla vita reale (com’è proprio dei documentari), il regista mette insieme tanti dettagli “rubati” che forniscono una visione realistica ma anche poetica, come sospesa tra sogno e occhi aperti, in cui l’immaginazione dello spettatore si accende all’improvviso fantasticando storie intere attorno ad un viso sorridente, una ballerina acrobata oppure un paralitico che non può partecipare alla festa, bloccato com’è sulla sedia a rotelle. Ma il cinema di Piavoli deve per forza essere visto più che descritto, perchè una recensione o un articolo non possono certo rendere la forza fiabesca delle sue immagini; nei suoi film assistiamo ad una spettacolarizzazione della realtà quotidiana, un aspetto paradossalmente tipico del cinema odierno (vedi i mockumentary) dove realtà e finzione si amalgamano senza alcuna soluzione di continuità, confondendo addirittura lo spettatore. L’ultimo appuntamento della rassegna “Visioni di cinema indipendente” è previsto per oggi, sempre alla residenza universitaria, con altri corti e lungometraggi di Ferri e Piavoli.
Eccezzionale recenzione!Ma chiedo a Filippo Mammì:sino ad ora dov’eri?che facevi?