Da oggi, la toponomastica reggina vanta anche una celebrità: è stata infatti intitolata una piazza al celebre attore Leopoldo Trieste, nativo proprio della città dello Stretto, nel rione Ferrovieri a pochi passi dal centro storico (nello slargo all’incrocio di via Torricelli Ferrovieri con via Nicola Furnari, n.d.r.). L’intitolazione non è avvenuta per caso, poichè nella data del 3 maggio ricadeva il compleanno di Leopoldo, venuto al mondo proprio in quella data di cento anni fa, nel 1917; e per festeggiare il centesimo anniversario della nascita, il comune di Reggio Calabria ha voluto omaggiare uno dei suoi più illustri figli del Novecento con l’intitolazione di una grande piazza a ridosso del quartiere d’origine dell’attore felliniano, scomparso nel 2003. La manifestazione si è svolta alla presenza del sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà, l’editore Franco Arcidiaco, nonchè delegato alla cultura del primo cittadino, il duo comico Battaglia & Misefari, alcuni parenti reggini di Trieste e diverse personalità del Touring Club Italiano, del Fondo Ambiente italiano, di Italia Nostra e dei circoli del cinema “Zavattini” e “Chaplin” (quest’ultimo festeggerà l’anno prossimo i cinquant’anni di fondazione). Ma erano presenti anche alcuni studenti del Liceo Classico “Tommaso Campanella”, che hanno realizzato un video omaggio a Leopoldo Trieste.
Dopo aver scoperto la targa di denominazione della piazza, il sindaco Falcomatà ha voluto sottolineare la capacità reggina di produrre cultura: «E’ un posto in cui vengono dedicati spazio e memoria ai figli di questa terra che si sono distinti nelle arti e nello spettacolo – ha dichiarato – ed inoltre dà la possibilità a chi magari non può muoversi troppo verso il centro, come bambini e anziani, di apprezzare iniziative come il cinema all’aperto, che vorremmo creare proprio in questa piazza intitolata a Trieste e magari dedicargli una rassegna cinematografica». Arcidiaco ha fatto eco al sindaco ribadendo come siano proprio queste iniziative a fregiare Reggio della nomina di “città culturale“, «ma che vorremmo anche un po’ più cinefila, infatti abbiamo intenzione di intitolare prossimamente una via al prof. Sebastiano Di Marco, fondatore del circolo “Chaplin” nel 1968». Dopodiché, è iniziato a confluire nella piazza il fiume di ricordi dei parenti ancora in vita di Leopoldo, i quali hanno raccontato diversi episodi inediti della sua vita: figlio di un ferroviere, Trieste aveva iniziato bambino a muovere i suoi primi passi proprio tra le strade e le palazzine del rione, da sempre occupate dai dipendenti delle ferrovie e le loro famiglie; rimasto prematuramente orfano di padre, a causa delle difficoltà economiche era stato costretto, assieme alla famiglia, ad abbandonare Reggio per trasferirsi a Roma (dove si diplomerà in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia), che resterà la sua città d’adozione fino alla morte.
L’artista Leopoldo Trieste
Raccontata dal presidente del circolo “Chaplin”, Claudio Scarpelli, la carriera di Leopoldo Trieste appare come un prisma che raccoglie la luce per poi triplicarla in mille colori: attore, regista, sceneggiatore, drammaturgo, effettivamente l’etichetta di “interprete” era alquanto riduttiva per un artista poliedrico come lui. Eppure Leopoldo, nella sua semplicità, non aveva mai cercato di farsi notare troppo, nonostante i film (più di cento) in cui recitò e i mille ruoli indimenticabili che lo hanno anche consegnato all’immaginario collettivo; anche sul set, ha raccontato Scarpelli, Trieste era una figura timida che quasi cercava di non rubare la scena agli altri attori. Anzi, all’inizio non pensava minimamente di fare l’attore, ma solo il drammaturgo, mestiere con cui era salito alla ribalta del palcoscenico nel primissimo dopoguerra; il suo esordio come interprete nel film “Lo sceicco bianco” di Federico Fellini (proiettato in piazza al termine della manifestazione) avvenne infatti per caso. Fellini vide la sua apparizione in alcuni spezzoni scartati di un film abbandonato da una produzione a metà riprese e lo ingaggiò subito per il suo aspetto comico, con quel viso scavato e gli occhi quasi spiritati. Da quel momento ebbe inizio una lunga carriera, comica e drammatica, che consacrò Leopoldo attore di fama internazionale, proprio lui che invece sognava di darsi al varietà (amava moltissimo questo genere teatrale): il disilluso scrittore Leopoldo, protagonista di una delle scene più struggenti dei “Vitelloni” (1953) di Federico Fellini, quasi una figura autobiografica, oppure i patetici e disgraziati personaggi interpretati nei due capolavori di Pietro Germi, “Divorzio all’italiana” (1961) e “Sedotta e abbandonata” (1964); o ancora, l’ipocondriaco del “Medico della mutua” (1968, quello del famoso “coprete!” rivolto alla consorte fin troppo disinvolta), il signor Roberto ne “Il padrino parte II” (1975), in cui duetta con Robert De Niro in un paio di scene memorabili (e si esprime anche in dialetto reggino! Grandioso!), il francescano in “Il nome della Rosa” (1986), a fianco di Sean Connery, o la tenera parte di padre Adelfio, il prete che censura i baci dei film in alcune scene indimenticabili di “Nuovo Cinema Paradiso” (1989) di Giuseppe Tornatore. Questi e altri personaggi, diversi dei quali impersonati anche in qualità di caratterista o da quasi comparsa, hanno contribuito a creare la maschera tragicomica di Trieste, che in fondo interpretava sempre lo stesso personaggio: l’Uomo Qualunque scisso tra pulsioni liberatorie e desideri repressi, perennemente schiacciato dal peso e dal cinismo della realtà quotidiana.
veramente notevole la recensione sulla vita artistica di Leopoldo.La seguo da tempo !
Che nostalgia! Grandissimo attore grazie per questo bellissimo ricordo!